Direttore d’orchestra tra i più importanti di tutti i tempi, Toscanini raggiunse la fama già a fine ‘800; è uno dei dodici italiani ad avere la propria stella sulla Hollywood Walk of Fame

ANNIVERSARIO | Le grandi mani gagliarde si agitavano nella penombra dello spazio d’orchestra, come quelle di un mago intento a gettare incantesimi ed evocazioni. Lunghe e nervose, compivano gesti armonici e cadenzati mentre impugnavano la bacchetta: la musica fluiva dalle dita del Maestro fluendo negli strumenti degli orchestrali. Arturo Toscanini prodigioso direttore d’orchestra tra i più grandi di tutti i tempi, è vissuto molto a lungo e spesso al di fuori del suo tempo. Fu artista semplice ma sempre un passo avanti rispetto alla storia, anticipatore di tempi sia musicali che di vita. Grandioso conoscitore di Giuseppe Verdi, di cui seppe ringiovanire le opere, lo riportò ad un fortunato successo scongiurandone la via del tramonto.

Nato a Parma nel 1867, ne si celebra oggi il 61 esimo anniversario della scomparsa: Toscanini, infatti, moriva il 16 gennaio del 1957 a New York. La straordinaria dote consegnatagli dal destino gli permise una folgorante carriera; a 19 anni – età in cui esordì come direttore d’orchestra a Rio de Janeiro – conosceva giù più di 60 opere a memoria e non aveva bisogno dello spartito per accompagnare i musicisti. Capacità innata che coltivò senza ombra di dubbio all’interno di un ambiente significativo. Aveva frequentato in gioventù l’Orchestra ducale, disciplinata da un ferreo regolamento simile al codice militare. Le norme che scandivano il comportamento dei musicisti prevedevano multe salate, sospensioni d’impiego, arresti domiciliari e arresti al castello in caso di violazione di tale regolamento.

Una lunga carriera di successi: dall’Italia ai più grandi teatri del mondo

La carriera di Toscanini come direttore fu molto precoce esordendo così giovane. Il ragazzo dell’Oltretorrente che frequentava anche la “Parma bene”, quella della borghesia, aveva attirato su di sé gli occhi della stampa prima e di vari teatri italiani poi. Alla fine dell’86 prese casa a Milano, poco prima di compiere i 20 anni. Qui ebbe modo di suonare come secondo violoncellista alla Scala per la prima di Otello del Maestro Giuseppe Verdi. Conosciuto il “gran vecchio”, da cui tra l’altro venne ripreso, andò in visibilio, rimanendone folgorato: “Verdi è un genio! In ginocchio davanti a Verdi“, disse una sera alla madre Paolina. Arturo Toscanini riprese presto la sua attività di concertatore, rivelandosi artista energico e dallo spiccato ingegno, dirigendo a memoria ogni singola nota dello spartito. La sua carriera decollò grazie alla cura del dettaglio e all’innata ricerca della perfezione.

Dopo aver attraversato l’Italia longitudinalmente, toccando città come Palermo, Genova e Trieste, nel 1895 iniziò a collaborare con il Teatro Regio di Torino. Con l’approssimarsi al nuovo secolo, invece, ritornò alla Scala di Milano, questa volta in veste di direttore d’orchestra. All’interno del teatro scaligero diede sfogo ad una serie di riforme che ne rivelarono la straordinaria capacità innovativa. Sulla scia di quanto fatto dal suo idolo Richard Wagner pretese alcuni interventi all’interno dello spazio teatrale. Se nel 1901 fece modificare l’illuminazione scenica per avere il buio durante gli spettacoli, qualche anno dopo accettò di firmare il contratto solo ad alcune condizioni. La riforma adottata dal Toscanini prevedeva: divieto di effettuare bis, predisposizione di una fossa per l’orchestra ispirata a quella di Bayreuth (cittadina della Baviera settentrionale) e l’interdizione al palcoscenico ai non addetti ai lavori.

I successi ottenuti alla Scala proiettarono Toscanini verso la gloria internazionale. Nel 1908, dopo qualche parentesi a Parigi e in Germania, raggiunse un accordo con il Metropolitan di New York per la sua prima direzione negli Stati Uniti. Le perplessità del Nostro erano molteplici: la differenza di cultura, l’ingresso in un ambiente sostanzialmente estraneo e la barriera linguistica che poteva minare il rapporto con l’orchestra. Tuttavia, il 16 novembre Toscanini debuttò con l’Aida di Giuseppe Verdi (morto nel gennaio 1901): il successo fu uno dei più clamorosi della storia del Metropolitan. La critica ne fu entusiasta: “Di questo nuovo direttore dobbiamo dire che rappresenta per l’opera italiana una vera manna dal cielo, un dono straordinario“, scrisse il decano dei critici newyorkesi Henry E. Krehbiel. L’idillio però si interruppe allo scoppio della prima Guerra Mondiale, quando Toscanini decise di fare ritorno in patria.

Il carattere di un genio assoluto

Il carattere di Toscanini era sezionato perfettamente in due: da un parte l’uomo dall’altra il direttore d’orchestra. Come un Giano biforonte, l’artista parmigiano interpretava i due ruoli in maniera diametralmente opposta. Nel lavoro, la continua ricerca della perfezione e la maniacalità con cui si approcciava alla musica, hanno generato più di una frizione. Toscanini, infatti, era solito rimproverare gli orchestrali con toni accesi e bruschi per errori e imprecisioni d’esecuzione, tuttavia senza mai rivolgere le critiche alla persona ma sempre all’artista. Impetuoso, energico, irruento e spesso indelicato, portava allo stremo delle forze gli artisti a suon di prove. Memorabile la battuta che accompagnò un diverbio con la soprano Geraldine Farrar, che disse al Maestro: “Maestro, si ricordi che io sono una stella!“. Lui rispose indicando sé stesso: “E lei si ricordi che quando il sole splende le stelle non si vedono!.

Dal punto di vista umano Toscanini è ricordato come persona sincera. Anche se la devozione per la musica lo portò a trascurare amicizie e affetti, con la moglie Carla più volte tradita da relazioni extraconiugali. Il Maestro, spinto dalla grande vitalità e dal forte desiderio di godersi la vita (non beveva e non fumava), era fortemente attratto dalla bellezza femminile, con cui aveva frequenti contatti. Ma Arturo fu anche persona dai saldi principi, soprattutto in ambito politico. Non volle mai appoggiare il regime fascista, ad esempio, rifiutando in tutte le celebrazioni ufficiali di eseguire gli inni Marcia Trionfale e Giovinezza imposti da Mussolini. Ruppe ogni rapporto anche con la Germania nazista di Hitler e si recò più volte in Palestina a dirigere la Filarmonica di Tel Aviv.

Il ritorno negli Stati Uniti e la resurrezione della Scala

Ritornato negli Stati Uniti, il direttore Toscanini si impegnò esclusivamente in concerti di beneficenza a favore dei soldati americani e della Croce Rossa. Svolse soprattutto un’intensa attività propagandistica registrando composizione del “gran vecchio” Giuseppe Verdi. L’alto valore simbolico delle opere scelte rimarcò ancora una volta gli ideali antifascisti: l’ouverture della Forza del destino e l’Inno delle Nazioni da lui riadattate per l’occasione. Nel 1943 il Teatro alla Scala di Milano venne pesantemente danneggiato durante un bombardamento aereo. La ricostruzione avvenne in tempi rapidi anche grazie alle ingenti donazioni versate da Toscanini: un milione di lire uscirono dalle sue tasche per permetterne il recupero. A restauro compiuto celebrò la resurrezione della Scala, ma fece rapido ritorno in America tra registrazioni e fitte collaborazioni musicali che lo accompagnarono fino al giorno della morte.

Oggi Arturo Toscanini è uno dei dodici italiani ad avere una propria stella impressa sulla Hollywood Walk of Fame.

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