Sono passati 30 anni da quel 12 maggio 1993, il giorno in cui il Parma di Nevio Scala trionfò a Wembley sull’Anversa, alzando al cielo il suo primo trofeo europeo. I ducali centrano la qualificazione per la Coppa delle Coppe sconfiggendo la Juventus nella finale di Coppa Italia del ’92, diventando così una squadra competitiva a livello internazionale per la prima volta nella loro storia. Ma il cammino del Parma non è semplice, non parte da favorita per la vittoria finale e deve faticare sin dall’inizio, affrontando gli ungheresi dell’Ujpest. Nonostante l’avversario modesto e il dominio gialloblù, la vittoria della gara d’andata arriva con un solo gol di scarto e col mister Scala che si dice “rammaricato per non aver messo a segno qualche rete in più“. La gara di ritorno termina 1 a 1, col Parma che rischia ma che riesce comunque a centrare la qualificazione agli ottavi di finale.

Anche all’andata degli ottavi contro i portoghesi del Boavista i ducali non convincono e vengono fermati su uno scialbo 0 a 0 al Tardini. Nella gara di ritorno le reti di Di Chiara e Melli regalano la qualificazione agli uomini di Scala. Ai quarti è il turno del temibile Sparta Praga del giovanissimo Nedved, che nel turno precedente ha eliminato il favoritissimo Werder Brema. Tuttavia il Parma resiste a Praga e porta a casa un prezioso 0-0 in vista del ritorno al Tardini, dove le reti della grande coppia d’attacco Asprilla – Melli valgono il 2 a 0 definitivo. Ma nelle semifinali c’è forse l’ostacolo più arduo da superare, l’Atletico Madrid. Al Vicente Calderon il Parma gioca la sua miglior partita della competizione, dominando a Madrid e recuperando in 2 minuti lo svantaggio inziale grazie alla doppietta di uno scatenato Asprilla. Dopo il 2 a 1 dell’andata, il Parma viene sconfitto in casa per 1 a 0 ma è comunque qualificato per la finale a Wembley contro la sorpresa Anversa. La squadra belga è l’underdog del torneo, il pubblico si prepara ad una finale su cui nessuno avrebbe scommesso a inizio competizione. Si prospetta una gara equilibrata, ma nella splendida cornice di Wembley non c’è storia, il Parma si impone per 3 a 1, con le reti del capitano Minotti, del solito Melli e di Cuoghi.

È una vittoria di portata storica, il primo trionfo in campo europeo del Parma. È l’inizio di un cammino che vedrà i ducali acquisire una caratura sempre più internazionale, con le successive vittorie della Supercoppa Uefa e delle due Coppe Uefa, e con l’ingresso nelle “7 sorelle” (le 7 squadre italiane più forti) nell’epoca d’oro di una Serie A colma di fenomeni e personaggi iconici, che ormai resta soltanto un nostalgico ricordo. In occasione del trentesimo anniversario della finale della Coppa delle Coppe, abbiamo intervistato l’ex attaccante del Parma Alessandro Melli, che nella finale di Wembley contro l’Anversa mise a segno un’importantissima rete.

All’inizio della competizione non eravate i favoriti, quali erano le vostre aspettative? C’è una partita in particolare che vi ha fatto credere nella vittoria finale?

Visto che l’anno prima le cose non erano andate bene in Coppa Uefa, dato che siamo andati fuori subito, la nostra aspettativa era quella di passare almeno il primo turno. Sicuramente la partita di Boavista ci ha dato delle certezze, non che ci abbia fatto credere di vincere la coppa, ma ci ha dato più sicurezze. All’andata è finita 0 a 0, siamo andati là con un po’ di paura di uscire subito al secondo turno, invece alla fine abbiamo fatto bene, abbiamo dominato la partita; lì è aumentata la nostra autostima. Poi la partita di Madrid ci ha dato la consapevolezza di poter vincere la coppa, anche se al ritorno abbiamo rischiato molto, con un atteggiamento un po’ presuntuoso.

Quanto ha contato il gruppo squadra in questo tipo di partite? Sei ancora legato ai tuoi ex compagni?

Secondo me il gruppo conta sempre, in qualsiasi tipo di partite. Logicamente nelle partite più difficili e complicate il suo valore aumenta, ma in generale se non c’è il gruppo non vinci mai col singolo. Noi siamo ancora molto legati: non ci sentiamo spesso, però ogni tanto ci vediamo ed è sempre come se ci fossimo incontrati il giorno prima. La stessa cosa vale anche per i nostri parenti, molti di noi hanno le famiglie molto amiche, tuttora se si dovessero incontrare mogli o genitori il rapporto sarebbe sempre bellissimo.

Che rapporto avevi col mister Nevio Scala e quanto ti ha aiutato nella tua crescita personale?

Avevo un rapporto un po’ conflittuale che mi ha sempre aiutato e stimolato, mi ha dato la forza di poter mostrare il mio valore. Secondo me lui mi pungolava di proposito in questa maniera: a volte io reagivo nel modo giusto, a volte magari no e per questo diventava il rapporto era un po’ complicato. Però devo ammettere che sia stato il modo giusto per tirar fuori il meglio di me.

Hai vissuto la promozione del Parma in Serie A, tra l’altro anche segnando un gol decisivo, e poi la vittoria in campo Europeo, com’è stato vivere questo passaggio da realtà di provincia a realtà internazionale?

Io sono sempre più legato al gol con la Reggiana rispetto al gol di Wembley nella finale della Coppa delle Coppe: per me, che sono di Parma, battere la Reggiana al Tardini e andare in serie A per la prima volta nella storia del Parma è qualcosa che va ancora più in là di vincere la Coppa delle Coppe ed essere protagonista con un gol in finale. A livello mediatico non c’è paragone, la Coppa delle Coppe è rimasta nel cuore di tutti, è più importante, ma nel mio cuore preferisco ancora il gol della promozione con la Reggiana.

Parlando del presente, come valuti la stagione attuale del Parma? Quali sono le tue previsioni in chiave playoff?

Faremo sicuramente i play off, poi da lì decifrare il Parma è molto complicato, perché è una squadra molto volubile e indecifrabile, non sai mai cosa può fare. È una squadra che può salire in Serie A, perché ha i mezzi per andare su, però può anche essere eliminata al primo turno, perché fino adesso ha dimostrato in campionato di essere una squadra che può battere chiunque e perdere con chiunque. Finora ha reso sicuramente al di sotto delle sue potenzialità, però le altre squadre non sono tanto superiori, ci hanno anche un po’ aspettato e oggi siamo lì. Sicuramente faremo i play off e se dovessimo andar su sarebbe una stagione positiva. I play off ti danno questa possibilità, è una regola secondo me sbagliata, perché così una squadra che arriva ottava può andare in serie A, però la regola c’è e noi dobbiamo cercare di approfittarne e di gestirla bene.

Un’ultima domanda, hai giocato in una Serie A colma di fenomeni, probabilmente era il campionato migliore al mondo, oggi purtroppo non è più così, secondo te ci sarà mai un ritorno del nostro campionato ai livelli degli anni ’90 e dei primi 2000?

Non credo che succederà mai più, o sicuramente non succederà nei prossimi 20/30 anni, poi il mondo e strano e magari quando non ci sarò più io succederà. Ma il mio è un discorso non calcistico: l’Italia è un paese che purtroppo per vari motivi è svenduto ed è in mano ad altre entità, ad altri paesi, in mano all’Europa, ad arabi, cinesi e americani. Secondo me il calcio non potrà tornare a quei livelli lì per questi motivi, e non solo il calcio, che sarebbe la cosa meno importante, ma nemmeno le nostre aziende sono più nostre. No, direi che non c’è alcuna possibilità.

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