“Ripugnante“, “lurido“, “pornografico“, “immorale”: così veniva definito “Ultimo tango a Parigi” dal pubblico che lasciava la sala cinematografica nel lontano 1972. Solo un anno dopo, il 17 febbraio 1973, l’opera di Bernardo Bertolucci raggiunse le sale del cinema “Jolly” di Parma, rimanendoci per 47 giorni considerato il grande successo riscontrato, testimoniato specialmente dal record di incassi (87 miliardi di lire) detenuto dal 1987 al 1997, anno in cui uscì “La vita è bella” di Roberto Benigni. La pellicola del regista parmense è una vera e propria storia di passione carnale: dopo il suicidio della moglie, Paul (interpretato da Marlon Brando) sembra aver perso ogni ragione di vita, finché non incontra la ventenne Jeanne(Maria Schneider); tra i due nasce una passione travolgente in cui, ignorando completamente tutto del partner (compreso il nome), esplorano a fondo le rispettive sessualità. E’ proprio il sesso animalesco consumato dalla coppia ad aver turbato così tanto il pubblico degli anni ’70, un argomento ancora tabù e poco esplorato in quel periodo, ma allo stesso tempo sufficiente per “condannare al rogo” l’opera.
La condanna e il processo per la riabilitazione
Dopo soli 6 giorni dall’inaugurazione, “Ultimo tango a Parigi” venne sequestrato poiché ritenuto “osceno e privo di contenuto artistico“. Quest’operazione tuttavia venne annullata immediatamente dal Tribunale di Bologna, che permise al film di riscontrare un grande successo sin da subito. Nonostante ciò, i numerosi processi morali, cattolici, pubblici e privati contro la pellicola non terminarono: nel 1973 e nel 1974 la pellicola venne condannata più volte per “esasperato pansessualismo fine a sé stesso“, oltre ad una serie di accuse che si prolungarono fino al 1976, anno in cui la Corte di Cassazione condannò l’opera alla distruzione per oscenità; il regista Bertolucci fu privato dei diritti civili per 5 anni e insieme al produttore Alberto Grimaldi, lo sceneggiatore Franco Arcalli e Marlon Brando fu in seguito condannato a due anni di prigione con la condizionale. il 26 ottobre 1982 ci fu un evento inaspettato: durante la manifestazione “Ladri di cinema“, il film di Bertolucci venne riprodotto in maniera clandestina e si riaccese il dibattito sulla censura inerente a quest’ultimo.
La lunga e faticosa battaglia per l’approvazione di “Ultimo tango a Parigi” si concluse il 9 febbraio 1987, dopo che il giudice Paolo Colella, tramite il consulto di una serie di esperti, dichiarò il film “non osceno” e da considerare in assoluto un’opera d’arte. Anche se la pellicola approvata dalla Corte era stata tagliata di 6 minuti e vietata ai minori di 14 anni, tutto questo processo servì a Bertolucci per far parlare di sé e del suo capolavoro, aumentandone la fama; allo stesso tempo, la pellicola venne approvata in quanto, stando al giudice, era mutato il “comune senso del pudore” rispetto a quando era uscita nel 1972. Alla luce di questo, possiamo riflettere su alcuni aspetti interessanti: cosa si è verificato dal 1972 (inaugurazione del film) al 1987 (anno della definitiva approvazione) in grado di cambiare il cosiddetto “comune senso del pudore”? Quali sono stati i più importanti mutamenti sociali che hanno permesso a “Ultimo tango a Parigi” di non essere più considerato un film “osceno”?
Decenni di tabù sfatati: benvenuti negli anni ’70 e ’80
Per comprendere la mentalità di quell’epoca (caratterizzata da una morale perbenista) riguardo gli argomenti delicati presentati nell’opera di Bertolucci, è interessante analizzare uno dei tanti commenti negativi ricevuti dalla pellicola, in particolare quello di un sessantenne che aveva appena visto la versione del 1972: “Un film lurido! E tutte quelle parolacce! E’ una vergogna. Il tema è davvero schifoso. Ok la recitazione, ma è l’impostazione ad essere sbagliata“. Come risulta evidente, certe tematiche agli inizi degli anni ’70 erano ancora dei tabù, ovvero non appartenevano ancora al “dominio pubblico”. Tuttavia, verso la metà del decennio, la società sentì la necessità di affrontare certi argomenti nonostante fossero delicati: sono anni in cui iniziano a cambiare gli stili, anni in cui i turpiloqui non vengono più stigmatizzati con tanta severità, anni in cui ad esempio la minigonna e il bikini iniziano ad essere considerati simboli di una nuova libertà di scelta.
L’Italia scopre dunque l’aspetto fisico dell’amore, la sessualità vera e propria, la quale viene esplorata non solo nelle riviste ma anche in televisione e nei cinema: basti pensare alle commedie sexy di Lino Banfi e ai film a luci rosse nelle sale cinematografiche dedicate. Uno dei più importanti contributi è stato il film del celebre Alberto Sordi intitolato proprio “Il comune senso del pudore“, dove in 4 episodi analizza il tema della sessualità sotto molteplici punti di vista, contribuendo significativamente al riconoscimento di questo tema e far sì che gli italiani inizino a parlarne senza troppi problemi nelle proprie abitazioni. Negli anni ’80 certi argomenti cominciarono a non essere più visti con diffidenza, anzi vennero sempre più affrontati nel mondo del cinema, della musica e del teatro. Ad ogni modo, è giusto chiedersi questo: guardando ai giorni nostri, il senso del pudore sdoganato negli anni 70 è andato oltre i limiti? Ma soprattutto, quale effetto produrrebbe un film come “Ultimo tango a Parigi” nei giovani delle nuove generazioni?
Il sesso: l’argomento che non fa paura ai giovani del 2000
In una società dove le tecnologie e i social network si sono sviluppati anno dopo anno con una velocità mai vista prima, dove al capitalismo importa solo soddisfare la propria sete di guadagno e dove i bambini crescono con un Ipad in mano anziché un pupazzetto, il livello di esposizione a contenuti delicati propri del mondo adulto risulta estremamente alto. Allo stesso tempo, ci basta notare l’incredibile successo riscontrato dai numerosi siti pornografici, dove sono presenti svariati video amatoriali di giovani che scelgono di esporre il proprio corpo nudo ai milioni di utenti presenti nelle piattaforme. C’è inoltre chi ne beneficia facendo ciò: risulta curiosa la nascita di “Onlyfans“, dove ragazze e ragazzi si fanno pagare per mostrare il proprio corpo. Pertanto, in una società dove i giovani vedono tutti i giorni sul proprio smartphone corpi nudi in siti porno o attraverso la pratica del “sexting“, tramite cui due persone si inviano consenzientemente foto e video “osé” per raggiungere l’orgasmo, un film come “Ultimo tango a Parigi” non susciterebbe alcun effetto di oscenità, dato che oggi il cinema e i contenuti dei principali distributori (Netflix, Paramount, Prime Video) propongono continuamente scene di sesso esplicite, senza alcuna censura.
Quindi, è normale che un giovane adolescente che cresce in un contesto di questo tipo e che guarda il film di Bertolucci non si scandalizzi affatto dal punto di vista sessuale; ciononostante, il film può colpire i giovani da altri punti di vista e non essere ricordato solamente per la famosa “scena del burro”: ad esempio per la solitudine dei protagonisti, per la loro disperazione e per un dolore che il genio di Bertolucci riesce a far provare agli spettatori di qualunque età e di qualunque generazione. L’opera del regista parmense, grazie alla quale gli è stata conferita la laurea honoris causa dall’Università di Parma, può inoltre far riflettere i giovani sul senso del pudore e su quanto quest’ultimo sia cambiato rispetto al passato. Si può dire che i giovani del 2023, da un punto di vista di educazione, sono liberi di avere atteggiamenti che sarebbero stati impensabili in passato? A questa domanda, gli adulti che hanno vissuto il pudore degli anni ’70 e ’80 risponderebbero in maniera affermativa. Infatti i giovani, agli occhi degli adulti, presentano un’indecenza sfacciata, caratterizzata da un linguaggio scurrile, dalla costante esibizione del corpo femminile e dall’eliminazione dei confini tra sfera pubblica e sfera privata.
Tenendo conto di quanto constatato fino ad ora, “Ultimo tango a Parigi” è sicuramente uno dei film più erotici e liberatori dell’intero panorama cinematografico, dove la libertà di affrontare certe tematiche era fortemente limitata ed è stata ottenuta faticosamente soltanto grazie a contributi come quello di Bertolucci, una libertà che oggi invece pare essere sin troppo fastidiosa e senza confini.