Si è tenuta ieri pomeriggio a Parma la commemorazione del 99simo anniversario delle Barricate di Parma, presso il monumento in Piazzale Rondani in Oltretorrente. La cerimonia ha voluto ricordare un’importante pagina della storia della nostra città: nel 1922 Parma riuscì a resistere vittoriosamente all’assedio delle squadre fasciste capeggiate da Italo Balbo, giunte in città per sedare uno sciopero operaio.
“Le Barricate di Parma rappresentano un evento straordinario per la storia della lotta antifascista e per la storia democratica di Parma, ed ha avuto come protagonisti principalmente i ceti popolari“- questo è il commento del Professore Marco Minardi, a cui ci siamo rivolti per conoscere più a fondo questo episodio del nostro passato e il significato che esso ha avuto e ha ancora oggi per tutti i cittadini. Il Professore, che ha partecipato alla commemorazione, è il direttore e il responsabile scientifico dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’età contemporanea per la provincia di Parma. Focus della sua ricerca sono la storia politica, sociale e sindacale dell’Emilia nel periodo delle due guerre e nel ventennio post- bellico.
Quali sono i momenti più significativi delle Barricate di Parma?
Ad essere un evento significativo e straordinario è stata l’intera rivolta, a mio avviso. Perché è stata la rivolta di una parte dei rioni popolari di fronte all’assedio delle squadre fasciste. Lo sciopero legalitario indetto dall’Alleanza del lavoro, che riunì dopo un anno e mezzo le diverse camere sindacali, sfociò in uno sciopero contro la violenza fascista, uno sciopero che fallì quasi ovunque in tutta Italia mentre a Parma ebbe successo andando addirittura ad includere i rioni popolari e fermando l’intera città. Questo ovviamente provocò la reazione dello squadrismo fascista soprattutto emiliano e lombardo della Valpadana che colse l’occasione per calare su Parma insieme alle squadre fasciste della provincia. L’intento era dare una veloce lezione al sindacato e ai lavoratori impegnati nello sciopero. Invece, in città si trovarono di fronte la reazione della popolazione dei rioni popolari sia dell’Oltretorrente che della zona a ridosso della stazione che reagirono duramente. Al loro fianco si trovò l’associazione Arditi del popolo, una milizia armata socialista di cui facevano parte anche gli stessi cittadini dei rioni rivoltosi. Lavoratori e membri dell’Arditi del popolo si difesero dall’assedio squadrista, tirarono su le barricate ed erano pronti a difendere il loro territorio e quindi la loro libertà, la libertà di lottare per l’emancipazione. C’era sicuramente una discrepanza che rese l’evento ancora più straordinario. Le squadre fasciste erano numerose – circa settemila uomini – e ben equipaggiate, e soprattutto il loro potere era così forte da rendere sufficiente la loro presenza per rovesciare le situazioni scomode ovunque. Al contrario, gli Arditi del popolo – e anche gli altri rivoltosi- erano pochi e malarmati, ma- cosa fondamentale- potevano contare sull’intelligenza politica e militare di Guido Picelli, leader della milizia e della rivolta, che godeva della massima fiducia della popolazione parmigiana. Proprio questo diede il coraggio e la forza di resistere all’attacco, nonostante gli scarsi numeri e la carenza di strumenti. Dunque il momento più significativo è proprio questo: la reazione divenne di fatto una rivolta fatta da semplici cittadini, lavoratori e altre realtà come i sindacalisti e alcuni membri del Partito comunista, tutti affiancati dagli Arditi del popolo, che con pochi mezzi e pochi numeri si difesero dall’aggressione di circa settemila uomini armati squadristi, che volevano spazzare via ciò che restava dell’antifascismo.
Perché la Resistenza degli operai e dei cittadini ha avuto come protagonista proprio l’Oltretorrente?
Più che tutto l’Oltretorrente ebbe come protagonisti alcuni rioni del quartiere e altre zone della città come quella a Nord, quella del Naviglio e di via Saffi. La popolazione dell’Oltretorrente era grossomodo legata al movimento operario e alla piccola borghesia. Era una realtà fatta di sfruttamento, di carenza di denaro e di lavoro di affollamento. Qui, era maturata già a partire fino Ottocento una forte coscienza di sé, una mentalità ben spiccata, una coscienza di classe si potrebbe anche dire, una coscienza di appartenenza. Il movimento operaio che si affacciò sulla scena pubblica in tutta Italia all’inizio Novecento ebbe a Parma momenti di grande esaltazione e l’episodio delle Barricate fu in coerenza con quello che era accaduto nei 30 anni precedenti. In questo caso ad incoraggiare e fiancheggiare l’azione dei rivoltosi ci furono Arditi del popolo, una milizia nata per difendere la libertà dei lavoratori e guidata da Picelli, figura di riferimento e rassicurazione per il popolo. Un altro fattore consiste nel fatto che lo squadrismo a Parma non era ancora arrivato: nelle istituzioni di Parma, come la prefettura, erano presenti membri della classe dirigente liberale, che resisteva al fascismo; tuttavia ormai per poco perché da lì a breve sarebbe caduto tutto con la Marcia su Roma. Queste cose si coagularono insieme: le istituzioni, la scarsa efficacia dello squadrismo in città, la forza dei rioni popolari, gli Arditi del popolo, tutti insieme consentirono questo evento straordinario che si spense subito perché dopo un mese e mezzo il fascismo arrivò a Parma in seguito alla Marcia del Duce nella capitale. Ma fu una rivolta che segnò un momento importante sia per i cittadini che per la lotta antifascista, divenendo un evento di riferimento negli anni successivi.
Qual è stato il ruolo e l’importanza della figura di Picelli?
Guido Picelli era un socialista rivoluzionario, aveva un grande carisma e una grande intelligenza. Era, inoltre, riconosciuto dal popolo di Parma come uno di loro, che li poteva rappresentare, una figura riferimento. E questo emerse limpidamente quando nel 1921 venne eletto in Parlamento nelle liste socialiste, nonostante fosse in carcere. Quindi essendo eletto in Parlamento uscì dal carcere. Lui costituì e guidò a Parma l’associazione Arditi del Popolo mostrando la sua capacità di leadership e di organizzare una rivolta urbana con forze molto inferiori rispetto ai fascisti. E questo non solo materialmente costruendo le barricate, ma soprattutto acquisendo la fiducia di tutti. Il successo della rivolta è, infatti, dovuto al coraggio del popolo che era rimasto nelle barricate mettendo il loro corpo davanti al passaggio degli squadristi. Un coraggio che derivava dalla presenza dello stesso Picelli e una serie di altri Arditi del Popolo disposti a stare davanti a tutti nelle barricate a fronteggiare la minaccia. Fu un rapporto molto forte di leadership, che avviene quando gruppo di cittadini riconosce in una persona colui che può incarnare il loro pensiero, e mette nelle sue mani la propria vita.
Proprio Picelli diceva che la mobilitazione doveva riguardare tutta la popolazione, comprese le donne: a tal proposito, che ruolo hanno avuto le donne parmigiane durante queste giornate?
Nell’ottobre dello stesso anno in cui avvenne l’episodio delle Barricata all’interno dell’’Ardito del Popolo’, giornale che uscì come numero unico solo in quella occasione, venne pubblicato un articolo in cui si riconosceva il contributo delle donne durante la rivolta. Le donne dei rioni chiusi dalle barricate non abbandonarono le loro case di fronte alla minaccia fascista ed erano pronte a fronteggiare un eventuale assalto da parte dei fascisti, disponibili all’azione come tutti. Le donne non scapparono, né furono messe al sicuro, ma rimasero lì e questo per quell’epoca e per il contesto della città fu un’eccezione, sebbene nelle campagne già da fine Ottocento le donne stessero in prima fila negli scioperi.
Come si colloca questo episodio all’interno del movimento operaio e della storia di Parma durante e dopo il Fascismo?
All’interno della storia movimento operaio dei lavoratori di Parma si colloca alla fine di un percorso, iniziato negli anni tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, che aveva portato la popolazione dei lavoratori delle classi popolari dei rioni dell’Oltretorrente e della parte nord della città, a prendere coscienza di sé e diventare soggetto politico come nel resto d’Italia. In quegli anni si era, infatti, formata una coscienza, una capacità di mobilitazione, un’identificazione nelle leghe sindacali nelle varie Camere del lavoro e infine nel partito socialista. Dunque, quello che accade nel ’22 a Parma è la fine di un percorso che ha portato le classi popolari ad essere protagoniste della propria esistenza e pesare sulle scelte della città. A proposito del significato che i Fatti di Parma ebbero all’interno della storia di Parma, mi vengono in mente le parole di Gaetano Arfei, importante storico e senatore della nostra Repubblica, secondo il quale questo fu evento straordinario delle classi popolari, perché tutta la città recepì e capi il valore che aveva per tutta la città. Tutta la città, dopo il fascismo, riconobbe questo evento come un fatto cittadino in cui tutta la città si riconobbe. Elemento affatto scontato, tanto che non si può dire la stessa cose delle rivolte che contemporaneamente avvennero in altre città italiane come Bari, Pordenone e Roma. Qui la resistenza rimase sempre la resistenza di una parte della città, quindi rimase una memoria non identificativa della città. E invece a Parma questo avvenne ed è sicuramente un passaggio importante.
Cosa significa oggi, a suo avviso, la memoria delle Barricate di Parma? La scritta sul muro del Torrente Parma che si riferisce proprio a quei fatti può suggerirci qualcosa a riguardo
Questa frase era probabilmente una battuta che girava nelle osterie degli anni ’30 in riferimento alla sconfitta a Parma di Balbo, che guidava le squadre fasciste durante l’assedio. Balbo, inoltre, si pavoneggiava perché aveva sorvolato l’Atlantico senza mai fermarsi nel 1933, dunque le battute dissacranti erano queste nei rioni: “Ma sì, sei riuscito ad attraversare l’Atlantico ma non la Parma”. La memoria è importante, perché le Barricate di Parma, furono un fatto riconosciuto da tutta la città anche da coloro che non erano dietro le barricate, che non avevano aderito allo sciopero, che non erano né anarchici né socialisti. L’importanza che questo avvenimento ha nel proseguo della storia democratica della nostra città sta nel fatto che la città si riconobbe e gli diede un valore che valeva per tutti. E la memoria ha senso solo se è riconosciuta come tale da tutti sennò diventa il patrimonio di qualcuno soltanto. È questo è stato importante per i partiti politici democratici, per i sindacati e per i cittadini diventando uno di quegli episodi riconosciuti a livello nazionale e probabilmente anche a livello internazionale proprio per il coraggio e la generosità del popolo di Parma di fronteggiare il fascismo ormai vincente e destinato ad andare al governo dopo un mese.