Casino dei Boschi di Carrega, lo sdegno di Manifattura Urbana per la vendita dell’edificio | INTERVISTA

Manifattura Urbana ha lavorato con molti volontari alla riqualificazione del Casino dei Boschi: "Volevamo che lo stabile fosse conservato"

La notizia della messa in vendita del Casino dei Boschi di Carrega ha suscitato scontento a Parma e provincia. Eppure della vicenda non si è parlato molto o, per lo meno, non quanto chi difende la proprietà pubblica dell’edificio sperava. Una parte del patrimonio immobiliare dei Boschi di Carrega, precisamente il Casino da caccia, è stato infatti messo all’asta a partire da una cifra di acquisto non inferiore ai 3 milioni di euro. La comunicazione della vendita è stata resa pubblica da un comunicato di Parchi del Ducato circa tre mesi fa e da allora l’associazione Amici del Parco e del Casino dei Boschi si è espressa fortemente contraria alla messa all’asta del gioiello neoclassico, terza residenza ducale di Parma, oltre al Palazzo Ducale di Parma e alla Reggia di Colorno.

Al di là del valore dell’edificio dal punto di vista storico, artistico, architettonico e paesaggistico, ne va di mezzo il valore culturale tout court. Il passaggio della proprietà del Casino dei Boschi a un possibile privato farebbe infatti sorgere un enorme punto interrogativo: quale funzione avranno quegli spazi? Da quale attività saranno occupate? La vicenda è stata vissuta come un vero e proprio “lutto” soprattutto da chi, negli scorso anni, si è occupato della pulizia e riqualificazione del Casino dei Boschi e che ora, dopo più proposte, si vede strappare via un bene che ha contribuito a salvare dall’inutilizzo.

In particolare, abbiamo ascoltato Francesco Fulvi e Giulia D’Ambrosio, rispettivamente segretario e presidente di Manifattura Urbana di Parma, associazione culturale nata nel Dicembre del 2014 in seguito a un’esperienza formativa rivolta a studenti universitari svoltasi nel luglio 2014 presso l’ex Fornace di Ghiare di Berceto, un’iniziativa che ricorda molto il rapporto tra l’associazione e il Casino dei Boschi.

Manifattura Urbana: “La vendita del Casino dei Boschi per noi è come un lutto”

Come Manifattura Urbana siamo stati contattati dall’associazione Amici del Parco e del Casino dei Boschi nel 2015“, spiega Francesco Fulvi. “Volevano coinvolgerci in un progetto che è stato messo in piedi in quell’anno per recuperare lo stabile, com’era stato fatto con l’ex Fornace di Ghiare a Berceto“. “Così con una sessantina di giovani da tutta Italia abbiamo lavorato sul Casino e abbiamo fatto analisi, erbacce, salvato coperture che stavano crollando e un sacco di foto“. Ciò che Francesco Fulvi e Giulia D’Ambrosio però lamentano è la scarsa copertura mediatica degli interventi: “c’è stato un gran silenzio attorno, poi più nulla. E forse i frutti di questo si vedono anche oggi, con pochissime persone interessate al futuro del Casino“.

Il gruppo di volontari nel 2015

Negli anni successivi Manifattura Urbana ha avuto altri contatti per poter agire sul Casino dei Boschi: “Abbiamo fatto altre proposte per poter intervenire sulla struttura, ma solo nel 2019 è cambiato qualcosa. Sono infatti entrato in contatto” – spiega Fulvi – “con GES (Gruppo escursionisti salese), volontari nel Parco. Di solito fanno manutenzione e ci hanno proposto di costruire insieme dei canali che per dare acqua ai vari laghi del parco. Così anche in questo caso, con un bel po’ studenti volontari abbiamo agito sul sito, riuscendo a fare arrivare l’acqua al lago dei Fiori“.

I lavori con GES nel 2015

Nel 2021 poi, insieme alla presidente D’Ambrosio, Manifattura Urbana ha fatto una proposta: farsi dare in comodato d’uso la parte pubblica del Casino dei Boschi per fare “scuola di autocostruzione“, con la promessa che, se avessero trovato finanziamenti, li avrebbero usati subito. “In questo modo avremmo cercato finanziamenti, come successo a Ghiare di Berceto, attraverso bandi. Volevamo continuare a prenderci cura del Casino dei Boschi, ma non ci è stata data questa possibilità“.

Viene così semplice immaginare quanto la notizia della messa in vendita del Casino abbia colto di sorpresa segretario e presidente di Manifattura Urbana: “Ci siamo rimasti molto male per la notizia: invece di leggere che il pubblico comprava anche parte privata, si è messa in vendita la parte pubblica. C’è un grandissimo dispiacere. Se volessimo fare un paragone, sarebbe come dar via Parco Ducale”. Fulvi specifica: “Secondo me ci sono ancora tante chance per poter “salvare” il Casino, dal momento però in cui l’opinione pubblica prende posizione. Soluzioni alternative temporanee si possono trovare. Faccio un esempio: in Francia c’è l’usanza di dare alle associazioni dei manufatti, che vengono sistemati da loro, non ai privati. Così si svolgono attività sociali per la comunità. Ma da noi questa usanza non c’è. Abbiamo tante idee ma non vanno in porto. Se pensiamo anche al Pnrr, ci sarebbe la possibilità di destinare dei fondi al Casino dei Boschi, lo stato avrebbe possibilità di intervenire. Forse siamo fuori tempo per il Pnrr, ma ci si può provare. Ci sono anche fondi europei, bandi internazionali, fondazioni private, mecenati che hanno la possibilità di rilevare lo stabile“.

L’asta sarà fatta tra poco tempo, almeno sembra. Quindi le speranze, anche se ci sono, via via vanno sfumando. Abbiamo provato a parlarne, e a far capire all’opinione pubblica quanto sia grave, dal punto di vista paesaggistico, ambientale, culturale questa cosa. Il problema è che non ne parla nessuno, è come se il Casino dei Boschi fosse dimenticato da tutti. Le persone non si sono affezionate. Mi viene in mente Villa Verdi:” – continua Fulvi – “in quel caso l’opinione pubblica si è mossa, e i giornali (che hanno una grande responsabilità) ne hanno parlato. Bisognerebbe prendere coscienza, organizzare incontri, spiegarne la storia“.

Mi dispiace moltissimo per tutti i volontari che vi hanno lavorato. I loro e i nostri interventi erano per conservare il posto, non per darlo via. Ma dal 2015 a oggi abbiamo notato sempre maggiore disinteresse verso quel luogo e quello della vendita è un brutto epilogo. Quello che però bisogna ricordare, è che si vuole i soldi si trovano. E se l’indignazione, pubblica, cresce, qualcosa si muove. Bisogna crederci in queste cose, e che le amministrazioni locali non abbiamo espresso molte opinioni a riguardo è ancora più triste. Noi stiamo ancora elaborando il lutto“, concludono Francesco Fulvi e Giulia D’Ambrosio.

Il Casino prima e dopo l’intervento dei volontari

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