Cinquanta sfumature di Porco: cucinare il maiale a Parma | CICCIOLATA e CICCIOLI

Dalla Provincia di Parma un biglietto da visita fatto di eccellenze: Ciccioli e Cicciolata sono i decimi protagonisti del nostro viaggio alla scoperta del maiale e della tradizione

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CUCINARE IL MAIALE | Non solo arte, cultura e qualità di vita: Parma è sopratutto buon cibo; prosegue  proprio nel periodo del November Porc il viaggio alla scoperta del Re della tavola ducale: il maiale. Attraverso una serie di speciali puntate dedicate al prodotto più che mai figlio del nostro territorio sveleremo tutti i segreti e le tradizioni legate alla norcineria parmense. In tutti gli articoli dedicati a questa rubrica saranno inserite curiosità sull’animale e sui piatti della tradizione che è possibile gustare in città e Provincia e, perché no, qualche aneddoto, storia e leggenda legati al Re della cucina parmense.

CICCIOLATA E CICCIOLI | Un binomio unico quello che lega Parma, la sua Provincia e la stagionatura dei salumi: l’arte della norcineria parmense, infatti, trova la sua massima espressione nella lavorazione della carne di maiale. Nella tradizione esistono due tipi di salumi, quelli “nobili” e quelli “poveri“. Se alla prima categoria appartengono il Prosciutto, il Culatello e il Fiocchetto, nella seconda rientrano di diritto i protagonisti del nostro decimo approfondimento sulla lavorazione della carne di maiale: Cicciolata e Ciccioli. Dalla prima derivano i secondi, considerati i “fratellini” più piccoli. Per ottenere questo salume si utilizzano parti del maiale che solitamente non servono per altri scopi: testa, lingua, orecchie e lardo. Si fanno cuocere separatamente per circa cinque o sei ore; una volta pronti si compattano con una pressa per eliminare il grasso in eccesso.

Prima di giungere al risultato finale la “torta” viene sbriciolata per poter unire altra carne (sempre della testa) disossata e sminuzzata al coltello. A questo punto si procede ad insaporire il tutto con sale, pepe, spezie e alloro. A questo punto, dopo una giornata in pressa per compattare l’agglomerato di carne e condimento, si ottiene la Cicciolata, cioè un composto quadrato costituito da parti di carne tagliate grossolanamente. Per quanto considerato un salume “povero” si configura come una vera rarità, perché non si trova facilmente fuori dalla provincia di Parma. Per gustarla a regola d’arte si assaggia con pane fresco o polenta fritta, oppure tagliata a cubetti e accompagnata da un buon bicchiere di spumoso lambrusco. La Cicciolata è stato anche un racconto di Giovannino Guareschi, che ne era letteralmente innamorato:

Il blocco della cicciolata è stato smantellato, frantumato, e stasera a cena lo distruggerò completamente. Ne sono sicuro: ho gettato l’anima oltre l’ostacolo e solo Dio potrà fermarmi: gli uomini e le cose mai!

I Ciccioli invece, caratterizzati dalle piccole dimensioni, dalla consistenza croccante e allo stesso tempo dalla morbida scioglievolezza, si ottengono dalla lavorazione dello strutto, che per secoli è stato uno dei condimenti più utilizzati nelle nostre campagne. Quando si prepara lo strutto, mettendo a cuocere le parti grasse del maiale, il punto di fusione permette al grasso di colare, mentre i pezzettini di carne magra riemergono dal liquido dorato e si friggono in esso, diventando scuri e croccanti. I pezzettini di carne riaffioranti vengono raccolti, scolati e messi da parte, pronti per essere sgranocchiati come antipasto.

L’uccisione del maiale: dallo stiletto alla pistola

La morte del maiale è l’atto necessario per ottenere gli squisiti salumi che imbandiscono le nostre tavole e soddisfano i nostri palati. In passato per privare l’animale della vita lo si portava sul luogo deputato e lo si infilzava con uno stiletto dritto nel cuore, recidendo in un colpo solo le arterie. In pochi istanti la bestia rimaneva esangue e spirava, pronta a compiere il suo destino e passare alla lavorazione che la porterà a diventare futuri culatelli, prosciutti, coppe, salami, ecc. Oggi l’uccisione non avviene più utilizzando lo stiletto, perché considerato “illegale”, sostituito con un colpo di pistola dritto in fronte o con violente scosse elettriche. A questo punto si raccoglie il sangue in vasi di terracotta e lo si utilizza per ottenere il sanguinaccio, mescolandolo velocemente con uva passa e pinoli. L’animale, poi, viene ripulito e si prepara per la lavorazione.

Il termine “porco” è di certo il più adatto per descrivere il “porco domestico”; ma anche “maiale” se destinato all’ingrasso, “lattonzolo“, “verretto” o “scrofetta” a seconda dello stadio evolutivo.

Varrone, nel suo De Re Rustica, ci parla della Parma romana – all’epoca facente parte della Gallia Cisalpina – e la ricorda come un luogo fiorente per l’agricoltura. Ma non solo, l’attività principale era l’allevamento di grandi mandrie di porci. E già all’epoca dei Romani – tante le testimonianze pervenute, da Catone a Orazio – le nostre valli erano famose per la qualità degli insaccati. Un’arte insomma, che si perpetua da circa 2000 anni di storia.

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