Cinquanta sfumature di Porco: cucinare il maiale a Parma | PROSCIUTTO CRUDO
Dalle colline di Parma un biglietto da visita fatto di eccellenze: il Prosciutto di Parma Dop è il primo protagonista del nostro viaggio gastronomico.
CUCINARE IL MAIALE | Non solo arte, cultura e qualità di vita: Parma è sopratutto buon cibo; vi presentiamo il Re della tavola ducale, il maiale, con una serie di speciali puntate dedicate alla buona cucina e di un prodotto più che mai figlio del nostro territorio. In tutti gli speciali di questa rubrica tante curiosità sul maiale e sul suo allevamento, sui piatti della tradizione che è possibile gustare in città e Provincia e, perché no, qualche aneddoto, storia e leggenda legata al Re della nostra tavola.
PROSCIUTTO DI PARMA | Un binomio unico quello che lega Parma, la sua Provincia e la stagionatura dei salumi: l’arte della norcineria parmense trova la sua massima espressione nella creazione di uno dei più tipici prodotti locali: il Prosciutto Crudo di Parma Dop. Dal taglio sottile e sulle tonalità del rosa, il salume presenta la tipca striscia di grasso bianco che chiude con eleganza il disegno perfetto della sua fetta. La totale assenza di additivi nella stagionatura del prodotto – unico ingrediente ammesso infatti è il sale – rende il Prosciutto Crudo di Parma unico nel suo genere: sono infatti due i momenti di salatura del salume che – dopo un primo abbandonate intervento detto “di primo sale” in cui viene salato e chiuso per una settimana in una cella frigorifera con temperatura tra 1 e 4 gradi – viene ripulito e nuovamente risalato nella processo “di secondo sale”. Dopo 15-18 giorni il Prosciutto viene definitivamente ripulito dal sale e messo in una cella “di riposo” per circa due-tre mesi.
Il termine “porco” di certo il più adatto per descrivere il “porco domestico”; ma anche “maiale” se destinato all’ingrasso, “lattonzolo”, “verretto” o “scrofetta” a seconda dello stadio evolutivo
È quindi il momento della stagionatura vera e propria: la coscia di Prosciutto viene rivestita di sugna, grasso a cui è stato aggiunto il sale, pepe macinato e, talvolta, farina di riso. Al settimo mese di stagionatura il Prosciutto viene posto in un luogo più asciutto e meno ventilato della “la cantina”: qui viene sottoposto ai consueti test qualitativi attraverso la foratura con ago di osso di cavallo, al fine di valutarne tutte le proprietà olfattive raggiunte fino a quel momento della stagionatura.
L’allevamento italiano del maiale: da sempre incline al taglio per la stagionatura dei salumi attraverso il cosiddetto “suino pesante”, animale che può raggiungere ben i 180-200 chilogrammi di peso
Se dai controlli di stagionatura il responso è positivo, viene impresso il marchio a fuoco della corona “a cinque punte” tipo del Prosciutto di Parma Dop: si tratta di un contrassegno di Stato che certifica la qualità del prodotto. È il momento della prova in tavola: se lungamente stagionato e di montagna, consigliato il taglio manuale con lungo coltello affilato; se invece di collina, si può procedere servendosi di affettatrice a giro lento in modo che la fetta non si scaldi eccessivamente.
L’alimentazione dell’animale: da sempre la più importante garanzia di qualità della carne che arriva sulle nostre tavole
La Denominazione di Origine Protetta del Prosciutto di Parma è stata la prima ad essere riconosciuta ad un salume in Italia: solo i maiali allevati in Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Piemonte, Toscana, Molise, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo possono godere di questa particolare etichetta. Perché il Prosciutto venga considerato Dop è necessario che presenti alcune particolari caratteristiche di lavorazione e territorialità: il suino da cui è ricavato, infatti, deve essere nutrito e macellato secondo precise regole nonché rientrare entra quella che viene definita “zona tipica“, ovvero compresa tra il fiume Enza ad Est e dal torrente Stirone ad Ovest e con quota non superiore ai 900 metri.