Negli ultimi anni è aumentata vertiginosamente l’attenzione nei confronti dell’emergenza climatica. Con questa sono cresciuti anche gli obiettivi che vanno obbligatoriamente raggiunti per riprendere in mano la situazione. Come si può immaginare, l’argomento è vasto e il tema ecologico può essere studiato da molte angolature. L’alternativa alle emissioni fossili è una di questa. Le fonti energetiche fossili sono infatti una delle principali cause del surriscaldamento climatico: svoltare verso un’energia green e rinnovabile quindi, diminuirebbe la dispersione di CO2 nell’ambiente e darebbe un contributo fondamentale alla lotta alla crisi climatica. In particolar modo, c’è una data che pende come una spada di Damocle sul nostro destino: il 2030, anno cerchiato di rosso sul calendario. Tra meno di una decade infatti dovremmo aver ridotto di almeno il 40% le emissioni di gas ed effetto serra, aumentato di più del 30% le energie rinnovabili e migliorato drasticamente l’efficienza energetica.

Le azioni da compiere richiedono interventi governativi e una presa in carico soprattutto da parte delle politiche globali. Tuttavia, è importante anche a livello locale intervenire in base alle possibilità che il territorio fornisce. Abbiamo voluto approfondire la situazione relativa a Parma con Massimo Mazzer, Dirigente di ricerca del CNR, esperto di energia rinnovabile e sulla sua applicabilità sulla città ducale. Osservando Parma, il suo territorio e il suo clima, si deduce che la fonte principale di energia rinnovabile che potrebbe essere impiegata è il fotovoltaico e quindi l’utilizzo dell’energia solare. Massimo Mazzer andrà a fondo nei dettagli di questa fonte rinnovabile e metterà luce sugli ambiziosi obiettivi che Parma ha in mente per diventare una città delle città più ecologiche d’Italia.

Massimo Mazzer, Dirigente di ricerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche

Potrebbe dirci quali possono essere i vantaggi dell’energia rinnovabile per la città di Parma?

I vantaggi vanno sempre commisurati con gli obiettivi che si vogliono raggiungere. Uno degli obiettivi più importanti è sicuramente il passaggio dalle fonti fossili a quelle rinnovabili. L’utilizzo di fonti rinnovabili, laddove è possibile, è infatti un passaggio quasi obbligato per raggiungere la decarbonizzazione entro il 2030. I vantaggi però sono molti, non soltanto di carattere tecnologico o economico, ma anche sociale.

Per quanto riguarda l’argomento specifico delle energie rinnovabili, ne stiamo parlando in questi giorni all’interno dell’Alleanza provinciale per la decarbonizzazione, formatasi a Parma e di cui fanno parte le istituzioni, gli organismi di ricerca, l’Università e le imprese. Ha l’obiettivo di trovare le soluzioni applicabili su una scala di tempi compatibili per il raggiungimento della decarbonizzazione entro il 2030.

Una delle attività che si sta svolgendo nell’Alleanza è di verificare da dove arrivino le principali emissioni di CO2 e di trovare una soluzione per poterle azzerare entro i prossimi nove anni. Il settore energico è il principale responsabile: circa il 70% delle emissioni a livello globale – ma anche a Parma i dati sono sostanzialmente gli stessi – deriva dalla produzione di energia. Intervenire per cambiare il modo in cui l’energia viene prodotta e consumata, anche sul territorio della provincia, è fondamentale.

Quali fonti di energia rinnovabile potrebbero essere applicate sul territorio di Parma?

Il candidato per la provincia di Parma in questa misura è il fotovoltaico. Qui non abbiamo tanto vento e non abbiamo la possibilità di produrre energia elettrica in altro modo se non con i pannelli solari. Questo potrebbe essere comunque accompagnato dal biogas o tramite il recupero degli scarti della lavorazione agricola.

Sarebbe possibile indicare la quantità di pannelli solari necessari a soddisfare il fabbisogno di energia elettrica di Parma?

In Italia si consumano 300 Terawattora all’anno. Il piano nazionale per l’energia e il clima afferma che del 2030 circa 1/3 dovrebbe provenire da fonti rinnovabili e in particolare del fotovoltaico. Per produrre quindi 100 Terawattora/anno di energia elettrica rinnovabile servirebbero 1000 km2 di terreno. Questo corrisponde circa a meno dell’1% di tutto il territorio che è già stato coperto da edifici o strade. È la dimensione di un piccolo comune di provincia: questo sarebbe sufficiente a produrre un terzo di tutta l’energia elettrica annuale italiana. Sulla rivista Nature è uscito recentemente un nostro studio che dimostra come in Italia basterebbero tetti e facciate degli edifici per far fronte addirittura a tutta la domanda di energia elettrica nazionale. In sostanza, la soluzione è assolutamente alla nostra portata. Non è un obiettivo irrealistico.

Per quanto riguarda Parma, il consumo annuale di energia elettrica nella provincia è di circa 3.3 Terawattora  (circa l’1% del consumo elettrico nazionale). Se si volesse generare tutta questa energia elettrica mediante impianti fotovoltaici a terra servirebbero (con le attuali tecnologie) circa 38km2 di terreno, corrispondenti più o meno all’estensione del comune di Torrile.  Se invece si volessero utilizzare solo le coperture degli edifici basterebbe una superficie complessiva di 14 km2. Questi numeri sono destinati a diminuire ulteriormente al crescere dell’efficienza dei moduli fotovoltaici. Si stima che entro il 2030 l’efficienza di un tipico modulo fotovoltaico commerciale passi dall’attuale 22% a circa il 28-30%.

L’impianto del fotovoltaico può avere delle complicazioni?

In questi mesi sto lavorando a livello nazionale, insieme a colleghi dell’industria e della ricerca, per studiare gli scenari per favorire l’espansione del fotovoltaico, sia a livello di impianti per la produzione di energia elettrica che di produzione in Italia di celle solari e moduli fotovoltaici. La questione più importante è come utilizzare il fotovoltaico e in particolare possono come affrontare e risolvere due importanti problemi. La prima è l’utilizzo del suolo: riempire indiscriminatamente il territorio di pannelli o impianti fotovoltaici a terra, con un ulteriore consumo di suolo, è un errore. Io e molti miei colleghi riteniamo che la priorità debba essere l’utilizzazione intelligente del suolo già utilizzato, per esempio da edifici o altre infrastrutture. La seconda questione è che il fotovoltaico, come l’eolico, deve essere accompagnato da sistemi di accumulo di energia ma, soprattutto, deve essere sfruttato per l’autoconsumo di energia elettrica.

Esempio di fonti di energia rinnovabile

Come si risolvono queste problematiche?

Per trovare la soluzione basta domandarsi dove serve l’energia elettrica e dove la si può produrre. Circa il 40% dell’energia consumata dal nostro paese viene consumata negli edifici, residenziali, commerciali o industriali. Se fossimo in grado di produrre in loco, tramite fotovoltaico, buona parte dell’energia di cui ha necessitano gli edifici, ci sarebbe meno bisogno di utilizzare la rete elettrica ad alta tensione evitando i costi e le perdite associate alla rete. Questo è un punto che vale anche per il nostro territorio: non è indispensabile sacrificare ulteriore suolo, si potrebbero usare semplicemente gli edifici e i loro tetti e altre infrastrutture adatte allo scopo, soprattutto aree industriali o terreni già adibiti a discarica.

Per quanto riguarda la gestione intelligente dell’energia elettrica generata localmente,  c’è una soluzione che sta evolvendo a livello normativo, con le cosiddette comunità energetiche. Si tratta dell’aggregazione di un certo numero di prosumers disposti a condividere produzione e consumo di energia all’interno del distretto energetico. Quindi è la possibilità per chiunque abbia un impianto fotovoltaico, per il momento fino a una taglia di 250 kilowatt, di scambiare energia con utenti che siano vicini a lui, soprattutto con chi consuma energia elettrica in orari diversi dai suo. Questo riduce anche la necessità di ricorrere all’accumulo di energia elettrica.

Un esempio pratico di scambio di energia?

Per esempio: se io ho il mio impianto fotovoltaico in un edificio residenziale e vicino a me c’è un supermercato o una scuola che ha un consumo di energia elettrica diverso dal mio, io durante il giorno quando sono fuori per lavoro, posso cedere al supermercato o alla scuola la mia energia e viceversa.

Questa è una cosa molto importante: se nel passato ognuno aveva il suo impianto fotovoltaico e l’eccesso veniva messo in rete con un vantaggio del passaggio al fotovoltaico molto relativo, adesso c’è la possibilità di venderlo direttamente al vicino di casa, tutto grazie alla nuova normativa della comunità energetica. Il vantaggio qui potrebbe essere enorme: da un lato si riduce fortemente l’immissione dell’energia in eccesso sulla rete ad alta tensione, dall’altro si ottimizzano i consumi con un vantaggio economico per la comunità energetica.

Nella zona di Parma nell’Alleanza stiamo studiando soluzioni cercando, in primo luogo, di imparare da altre città che lo hanno fatto prima di noi.

Quale potrebbe essere una città-modello da seguire?

Una delle città che stiamo studiando è Bristol in Inghilterra. Loro hanno iniziato il percorso circa dieci anni fa, quindi sono decisamente più avanti di noi. La cosa che interessa in modo particolare è il fatto che l’amministrazione si è fatta promotrice di iniziative che promuovessero in maniera capillare la partecipazione di tutta la popolazione, sia dal punto di vista dei singoli utenti, ma anche dal punto di vista delle comunità locali e delle imprese.

In Italia ci sono iniziative simili?

Siamo ancora all’inizio. Un’interessante iniziativa è quella della comunità energetica sperimentale di Bologna. C’è molta strada da fare e l’esempio del superbonus 110% per la riqualificazione energetica degli edifici dimostra che in Italia non abbiamo ancora imparato a coinvolgere adeguatamente le comunità locali nelle decisioni importanti come questa. A Bristol questo elemento è stato determinante. Bisogna considerare che là a nord hanno un clima molto diverso dal nostro, il fotovoltaico ha una resa inferiore, ma i loro dati dimostrano che l’obiettivo di raggiungere la decarbonizzazione entro il 2030 è raggiungibile, basta la volontà politica.

L’elemento che fa la differenza è quindi il coinvolgimento. La partecipazione di tutti a questa impresa collettiva accelera la svolta: per arrivare agli obiettivi entro il 2030 non basta qualche impianto fotovoltaico in più, serve un piano ambizioso con cambiamenti profondi della nostra economia di cui la maggior parte dei nostri concittadini non si rende ancora conto.

Che opinione ha riguardo l’istituzione del Ministero della Transizione Ecologica e della nomina del Ministro Cingolani?

Il Ministero della Transizione Ecologica ha inglobato al suo la Direzione del Ministero dello Sviluppo Economico che si occupava di Energia. La sensazione è che l’istituzione di un Ministero che si occupa di questo obiettivo complesso è una soluzione positiva. Si tratta però di un punto di partenza. Speriamo ne conseguano programmi ed azioni in grado di affrontare in modo efficace l’impresa della “Transizione Ecologica” a cominciare dagli obiettivi che ci siamo posti per il 2030.

Conosco personalmente Roberto Cingolani. Abbiamo iniziato insieme il percorso di ricerca presso l’Università di Lecce. So che è una persona determinata che può fare la differenza, in presenza di una strategia che mobiliti in modo positivo ricerca, imprese e cittadini.

A livello locale c’è invece un interesse attivo e concreto per la questione climatica?

Questa giunta ha dimostrato interesse per gli obiettivi di decarbonizzazione da raggiungere entro il 2030. L’idea di candidarsi come European Green Capital, già avvenuta due anni fa, è un segnale positivo. Sono candidature che hanno bisogno di un lungo periodo di gestazione per avere successo. Parma nella sua prima candidature è arrivata a metà classifica. Qualcosa di positivo quindi è stato riconosciuto. Il Comune potrebbe inoltre candidare Parma a essere una delle cento città pioniere per la decarbonizzazione entro 2030. I bandi della Commissione Europea usciranno a breve. Partecipare a questo tipo di competizione vuol dire avere intenzioni serie. In caso di vittoria ci sarà infatti un monitoraggio continuo per il controllo sui progressi compiuti dall’amministrazione.

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