Come già anticipato nell’intervista a Luigi Molinari uscita ieri sul nostro sito, il rapporto uomo-lupo si è configurato negli anni come conflittuale. Da una parte l’uomo si sente minacciato e ha paura dell’animale predatore, e dall’altra il lupo – che talvolta per nutrirsi si imbatte in cortili abitati o si avvicina alle case – diventa vittima di bracconaggio da parte degli uomini. I lupi però vivono nell’Appennino parmense da più di venti anni, qui ha trovato il suo habitat naturale e qui cerca di vivere e sopravvivere in branco, com’è solito fare. Il contatto tra uomo e lupo avviene perché i due stanno abitando gli stessi territori e perché il lupo, agendo da animale, va dove può trovare cibo e prede, meglio se più comode da cacciare rispetto agli animali che dovrebbe rincorrere nel bosco.
Il Wolf Apennine Center con il suo monitoraggio dei brachi di lupi delle nostre montagne dà un contributo essenziale alla conoscenza di questo animale. Un animale, un predatore culturale per eccellenza, che prima di tutto e di qualsiasi polemica, andrebbe infatti conosciuto a fondo. Per questo abbiamo parlato con il veterinario del WAC, Mario Andreani, che ci ha spiegato le caratteristiche di questo animale, il suo stile di vita e i motivi per cui può entrare in conflitto con le attività umane.
Il lupo come animale sociale, territoriale e all’apice della catena alimentare
Come innanzitutto spiega Mario Andreani, “il lupo occupa la nicchia ecologica all’apice della alimentare, come predatore. Questo vuol dire che è un super predatore e non ha concorrenti: nessuno preda il lupo“. Quando si parla di animale sociale si intende che il lupo, com’è noto, vive in branco. Questo caratterizza moltissimo il suo stile di vita: “La socialità del branco è molto rigida e l’incontro demografico spontaneo è dato dal fatto che solo la coppia dominante ha diritto a riprodursi. Tutti gli altri esemplari si occupano e partecipano all’allevamento dei piccoli“. La sua socialità, illustra il veterinario Andreani, è fortemente legata con la sua territorialità e questo è alla base di tutte le problematiche legate a questo animale: “Un branco di lupi copre un certo territorio: può essere di 100/120 kmq in alta montagna in Appennino, forse ancora di più sulle Alpi, per poi arrivare a 40 kmq se si scende verso pianura. Il loro territorio è legato alla disponibilità di risorse che riescono a trovare“.
Il territorio viene difeso fermamente dal branco: episodi di conflittualità si verificano quando un altro branco della stessa specie arriva nello stesso luogo. “In questo caso si creano scontri, anche letali – spiega Andreani -; gli intrusi vengono uccisi da chi difende il territorio e per questo il numero degli esemplari che compongono un branco può variare“. Si può passare da 12 a 3 esemplari in un giorno e le dinamiche di una popolazione e quindi del suo territorio di copertura sono molto variabili. Continua Andreani: “Un branco di lupi è tendenzialmente grande a sufficienza per garantire a tutto il branco di mangiare: più risorse ci sono, più è piccolo il territorio di ciascun branco“. Numero di esemplari, territorio e quantità di risorse sono quindi tutti fattori che possono variare di anno in anno.
Il lupo come animale “opportunista”: impara a cacciare là dove c’è più disponibilità di cibo
Il lupo nel suo branco impara a cacciare e soprattutto impara a sfruttare le situazioni. Per questo, ha spiegato il veterinario del WAC, si possono creare situazioni in cui il cane e il gatto diventano una fonte alimentare facile da sfruttare. “In particolare si possono ritrovare due situazioni riguardo l’attacco di lupo ad animali domestici: la prima è l’avvicinamento dei lupi a luoghi abitati da cani e gatti, perché qui per lui è più comodo cacciare“. Un esempio può essere fatto con i casolari abbandonati, dove le gattare lasciano cibi per gatti: “Il lupo impara che qui può trovare delle ciotole ancora piene di cibo, quindi impara che in un certo casolare può tornare più volte per nutrirsi. Può capitare che qui incontri anche un gatto, che meno sveglio di altri non riesce a scappare e finisce nelle sue fauci“.
Allo stesso modo il lupo impara a frequentare i cortili delle aziende agricole: “Qui possono trovare le placente o animali morti lasciati lì in attesa di essere smaltiti. Il lupo sfrutta la situazione e gli capita quindi di entrare in contatto con i cani del cortile. L’interazione lupo-cane però avviene, se vogliamo trovare un aizzatore, per colpa del cane: gli abbaia, lo insegue, cerca di difendere il territorio. Il lupo se decide di rispondere all’attacco lo fa, e quando attacca lo fa per uccidere. Anche in questo caso predare un cagnetto da cortile è più facile che cacciare un cinghiale nel bosco“.
La seconda situazione riguarda invece le battute di caccia: “I lupi imparano a nutrirsi di cani da caccia, perché fanno rumore, sono facilmente localizzabili, e il branco diventa una specie di serial killer“. Continua Andreani: “È come se il lupo aspettasse le battute di caccia come un pranzo che gli arriva tra le braccia. Questo meccanismo è ovviamente più difficile da interrompere e attualmente è la cosa più problematica riguardo al lupo“. Per quanto invece riguarda gli animali domestici, sarebbe necessaria più accortezza per scongiurare il peggio: non lasciare gli animali fuori la notte, non lasciare i cani legati alla catena, adottare consone misure di protezione nelle aziende agricole.
Conclude infatti Mario Andreani: “È ovvio che il lupo è una presenza scomoda per alcuni, ma è possibile conviverci, capendo che è necessario investire in recinzioni e misure di protezione. Il lupo ormai abita l’Appennino settentrionale e spesso si sono considerate le protezioni come cosa superflua. Adesso invece diventano indispensabili per gli allevatori. Per capire il suo comportamento, è necessario pensare ‘da lupo’: tutto il resto sono chiacchiere da bar“.