Martina Maggiali: “Fare il miele è come vincere una partita a scacchi”
Martina Maggiali ci racconta la storia di “Ambrosia”: impresa agricola biologica in cui produce miele e coltiva frutti di bosco
Martina Maggiali ci racconta la storia di “Ambrosia“: impresa agricola biologica in cui produce miele e coltiva frutti di bosco
di Vanessa Allegri
“Le api sono creature magiche. E il miele che producono è un piccolo miracolo: nasce dai fiori, è trasformato dalle api e si mangia così com’è, in totale purezza. È il contatto più stretto che si possa avere con la natura“. Partendo da questa premessa, Martina Maggiali non poteva che scegliere un nome ‘divino’ per la sua impresa agricola immersa nelle colline traversetolesi: Ambrosia. Secondo la mitologia greca, questa era la denominazione del nettare degli dèi: “Una sera – spiega Martina – stavo leggendo con mia mamma dei vecchi giornali degli anni ’50. In uno di questi c’era un articolo sul miele. Nella prima frase citava l’Ambrosia, bevanda riservata alle divinità a base di latte e miele. Ho subito pensato che fosse un nome perfetto“.
Martina ha una laurea in Tecniche Erboristiche; conclusi gli studi, lavora per un anno in erboristeria a Parma ma il suo impiego non la soddisfa. Quindi pensa a un’alternativa. Vivendo a Cazzola, vicino a Traversetolo, in una casa con molto terreno inutilizzato ed essendo cresciuta a contatto con la natura, pensa di avviare un’impresa agricola biologica. Nello specifico, coltivare frutti di bosco e produrre miele. Non ha competenze specifiche in materia, ma questo non la spaventa: “Ѐ un’avventura e un costante work in progress – racconta l’apicoltrice. Ho imparato e continuo ad imparare dai miei sbagli. Ogni giorno riserva sorprese e scoperte“.
Le origini
Nel 2009 Martina avvia la sua attività di apicoltrice come hobbista. All’inizio ha solo quattro casette. Ma dopo aver messo la testa per la prima volta in un alveare non riesce più a farne a meno. Nel 2011 apre la partita IVA; i primi anni trascorrono appoggiandosi ad altri apicoltori per l’estrazione del miele, ma lei desidera essere autonoma. E nel 2013 riesce nel suo intento: il laboratorio dove lavorerà il miele e preparerà le confetture di frutti di bosco è pronto. La realtà però si rivela più complessa e articolata del previsto.
Il terreno di casa è argilloso e non si adatta bene alla coltivazione di tutti i frutti di bosco; le more crescono grandi e saporite, mentre le piante di lamponi si indeboliscono in maniera graduale e irreversibile. “Abbiamo quattromila metri di terreno coltivato con frutti di bosco. Sono piccoli, è faticoso raccoglierli e bisogna cercare di venderli subito. In confronto le api sono un divertimento“, scherza Martina. Le sue ottocento piante di more nel 2016 hanno prodotto circa cinque quintali di frutti, con cui sono stati realizzati succhi e composte. Entrambi totalmente biologici e senza zuccheri aggiunti.
Sfatiamo qualche falso preconcetto
Diversamente da quello che si crede la vita dell’apicoltore non è tutta rose e fiori. Martina lo comprende sulla sua pelle. Nonostante usi tutte le protezioni possibili viene punta diverse volte. Però è allergica alle punture d’ape. Così per evitare inutili viaggi al pronto soccorso inizia a fare il vaccino. Ogni mese le viene iniettata una piccola quantità di veleno. Col passare del tempo impara a conoscere le api e ora può fare anche a meno dello scafandro.”Una volta un’ape mi è entrata in un orecchio – racconta Martina Maggiali – perché avevo dimenticato di chiudere lo scafandro. Un’esperienza che non consiglio a nessuno. Ora vado dalle api anche con i pantaloncini corti, ma da quel momento porto sempre la bandana sulle orecchie“.
Honey by night
Per produrre il miele di acacia, millefiori e tarassaco, Martina lascia che le api vadano in giro a bottinare (ovvero volare per raccogliere nettare e polline) nei dintorni di casa sua. Diverso e più affascinante è il processo che si cela dietro il miele di castagno e tiglio. Le cassette con le api devono essere trasportate al Parco dei Cento Laghi e a Monticelli. Ma questa scampagnata può esser fatta solo in notturna, come spiega Martina: “Di sera le api rientrano tutte e chiudendo la casetta è possibile prendere su tutta la famiglia. Posso trasportarle al massimo per tre ore perché con le vibrazioni si surriscaldano e rischiano di morire“.
Giunta a destinazione, le casette vengono riposte sui bancali di legno. Poi si aprono i contenitori. Dopo esser state sballottate, le api escono rapide in blocco: finalmente sono libere e un po’ intontite: “La loro vista è infrarossi e se passassi lì davanti mi salterebbero subito addosso, considerandomi un pericolo“, spiega Martina. Una volta fuori, le api si trovano in un ambiente nuovo. Esplorano e i si posano prevalentemente sui fiori di castagno oppure su quelli di tiglio, conferendo al miele l’aroma desiderato da Martina.
Come una partita a scacchi
Ma il lavoro della nostra apicoltrice non finisce qui, anzi. Il miele che le api producono deve innanzitutto riempire il loro nido e nutrire tutta la famiglia. Questo miele è quindi intoccabile. Martina può raccogliere solo il surplus. Non avendo più spazio nel nido le api vanno a depositare il loro nettare magico nel melario: cassetta di legno posizionata al di sopra dell’alveare. Affinché le api portino lì il loro miele è necessario trovare una strategia.
“È come una partita a scacchi“, svela Martina. “Se vinco io, faccio il miele; se vincono loro, mangiano tutto e lasciano me a bocca asciutta. Bisogna essere abili nel creare le condizioni giuste affinché le api decidano di portare il miele nel melario senza sciamare. Ogni nido – spiega Martina – deve avere molte api, ma non troppe. Senza forzarle, le api devono essere incentivate a restare. È un compromesso: io mi prendo cura di loro e loro in cambio danno da mangiare a me“.
A kind of Magic
Ma la partita più grande Martina l’ha vinta con se stessa. Le api, oltre ad averle insegnato un autentico rispetto per la natura, le hanno fatto un regalo ben più prezioso: l’hanno guarita. Oltre alle punture era anche molto sensibile al contatto con i frutti di bosco e alle sostanze contenenti degli acidi; inoltre, la vista di insetti ammassati in uno spazio piccolo le faceva impressione. Ora, come per magia, tutte le allergie sembrano svanite. Merito del vaccino? Io preferisco pensare che le api, queste piccole produttrici di nettare divino, abbiano rilasciato tra una puntura e l’altra anche qualche goccia di siero fatato. La giusta ricompensa per chi ha saputo affrontare le sue difficoltà senza cercare vie di fuga. Martina ha guardato in faccia le sue paure e ne è uscita vincitrice.
“Come l’ape raccoglie il succo dei fiori senza danneggiarne colore e profumo, così il saggio dimori nel mondo“
Buddha Siddhārtha Gautama
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