Parma che muore: la triste storia dei negozi a serrande abbassate | EDITORIALE

Camminiamo per il centro storico. Rispetto a qualche anno fa la situazione è diversa, i problemi palpabili, troppo evidenti per non essere visti da cui, in qualche modo, dovrebbe provvedere

La lenta agonia del centro storico: dove chiudono i negozi arriva il silenzio, poi il degrado; occorre un’inversione di marcia

EDITORIALE | Camminiamo per il centro storico. Rispetto a qualche anno fa la situazione è diversa, i problemi concreti, troppo evidenti per non essere visti e a cui, in qualche modo, si dovrebbe provvedere. Saracinesche dei negozi abbassate, vie e strade troppo spesso deserte, commercianti inermi sulle porte dei negozio. “È la crisi“, dicono da anni Istituzioni e politica. E i problemi non si risolvono, anzi peggiorano. 

Proprio ieri è arrivata la notizia della chiusura della Coin: per molti un fulmine a ciel sereno, nonostante le voci giravano già da qualche tempo in città. Parma è anche i suoi negozi storici: eppure sembra che non ci sia nulla da fare, nemmeno questi resistono al declino. Qualche mese fa ha chiuso Zuccheri, lo storico negozio della lana di Parma: “Beh, ma chi è che si mette a fare la lana adesso…” e “Sono cambiate le generazioni“, sono stati i commenti più sentiti per le strade. Potrebbe essere anche vero, ma di fatto non lo è nel momento in cui Zuccheri non è l’unico negozio a chiudere, ma uno dei tanti

Alla ricerca di una soluzione

Già, perchè come Zuccheri sono in tanti ad aver abbassato le serrande dei propri negozi. Ora è il momento della Coin: qui non potremmo più dire che sono cambiate le  generazione e tanto meno che nessuno compra più vestiti. La verità è che a morire, dietro quelle serrande chiuse, è il concetto di centro città. Non per il suo valore artistico e culturale,  ma per quello commerciale, economico sociale. La colpa è, in parte della crisi economica, in parte dell’apertura di centri commerciali nei quartieri periferici, ma quello che si sta verificando è anche un cambio di mentalità

A morire, lentamente e con agonia, è il concetto di negozio di quartiere. Là dove fondamentale era il rapporto che si creava, a livello di fiducia, ma anche di conoscenza reciproca, è arriva la spersonalizzazione. Fare spesa o fare shopping in un centro commerciale comporta che, quando si torna per la seconda volta, nello stesso negozio ci siano persone diverse che nulla conoscono della storia del cliente, dei suoi acquisti, dei suoi gusti. E mentre tutti scegliamo la comodità, prendiamo la macchina e andiamo al centro commerciale, altre serrande si abbassano in centro. 

Il silenzio disarmante

Al posto dei negozi storici arrivano i maxi bazar cinesi oppure le catene di franchising. Quest’ultime, peraltro, non durano più di pochi mesi poi sono costrette a chiudere. Ciò che ancora una volta colpisce, tra le vie del centro è il silenzio. Un disarmante silenzio che attraversa vie e strade deserte, che entra nella pelle e nella testa. Ma anche e sopratutto un silenzio disarmante da chi dovrebbe o potrebbe fare qualcosa. L’Amministrazione deve darsi da fare, trovare il modo di incentivare il commercio con le piccole realtà del centro, impedire la costruzione di nuovi centri commerciali e, in un qualche modo, disincentivarne l’utilizzo. 

Quando tutte le saracinesche si saranno abbassate non ci sarà più nulla da fare. Insieme ai negozi, alle loro peculiarità, ai commercianti che per tanto tempo hanno cercato di tenerli vivi, per Parma sarà la morte. E la morte di un centro storico è, inevitabilmente, la morte di una città. Dove sparisce il commercio, dove chiudono i negozi, dove la gente non passeggia più a piedi ma si muove solo in macchina, la città muore. E subentra, inevitabilmente, il degrado. Quella parola che ci fa tanto paura, ma che non riusciamo (o non vogliamo) combattere.

Fatela una passeggiata per le vie del centro: domani pomeriggio partite dall’Oltretorrente e arrivate a barriera Repubblica o barriera Garibaldi. Contate, ad una ad una, le saracinesche chiuse: saranno in proporzione troppe rispetto a quelle rimaste aperte. Contate, ad uno ad uno, i commercianti sulle porte che aspettano il cliente: anche questi saranno troppi. Ascoltate il silenzio che regna incontrastato e iniziate, iniziamo, a riflettere se questa è davvero la Parma che vogliamo. Pensiamo se, davvero, vogliamo lasciarla morire o se vogliamo rimboccarci le maniche e invertire la rotta. 

© riproduzione riservata

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *