Peste Suina, Alessandro Fadda: “Lavoro di squadra fondamentale”

La ricerca attiva delle carcasse e il ritrovamento su segnalazione nel solo 2024 hanno portato all’individuazione e rimozione di più di 250 resti di cinghiali [L’INCHIESTA] ⤵️

Inchieste (1)

Da poco più di  un anno parte del territorio della provincia di Parma è interessato dall’epidemia di peste suina, una malattia virale che colpisce suini e cinghiali. Pur non essendo trasmissibile all’uomo, si tratta di un’epidemia che può causare diverse problematiche nel nostro territorio, soprattutto in relazione alle attività economiche degli allevamenti dei suini: ad oggi, infatti, non esiste un vaccino e la letalità, nel caso in cui i suidi contraggano il virus, è alta, al settore della trasformazione delle carni suine causa la chiusura di mercati di esportazione. L’epidemia è gestita a livello nazionale dal Ministero della Salute, che ha nominato un commissario straordinario, Giovanni Filippini ed è stato redatto un Piano Nazionale di Sorveglianza ed Eradicazione della PSA 2025-2027; a livello locale la messa in pratica del Piano è coordinata dal Gruppo Operativo Regionale e dai Gruppi Operativi Territoriali, sul nostro territorio è operativo il GOT di Parma. 

L’attività della Provincia di Parma per contenere il virus

Sul territorio parmense l’attività di ricerca attiva delle carcasse ha portato nel 2024 alla rimozione di oltre 250 resti di cinghiale: le azioni di coordinamento vengono svolte dalla Polizia Provinciale, con l’ausilio degli ATC e dei cacciatori bioregolatori. Come spiegato anche dal Servizio Veterinario dell’AUSL di Parma è in atto un’importante azione coordinata per contenere l’espansione del virus della PSA, che mette in campo diversi enti e diverse misure di prevenzione. Tra gli obiettivi principali, la tutela degli allevamenti di suini domestici, dove l’individuazione di un solo caso positivo di PSA comporterebbe l’abbattimento di tutti i capi presenti e un conseguente danno economico ed imprenditoriale.

Come sta procedendo il monitoraggio in provincia di Parma? Quali sono le zone in cui vi siete attivati e con che procedure?

In Provincia di Parma è attivo il GOT Gruppo Operativo Territoriale, organismo tecnico per il contrasto alla PSA – Peste Suina Africana presieduto da AUSL – Dipartimento Sanità Pubblica e Servizio Veterinario che vede la partecipazione della Provincia – Polizia Provinciale e della Regione. In particolare la Polizia Provinciale coordina gli ATC (Ambiti Territoriali di Caccia) del territorio per la ricerca delle carcasse. Si tratta di squadre che battono il territorio suddiviso in celle di 1 kmq, rilevano le carcasse e tramite i veterinari di ASL provvedono alla messa in sicurezza, rimozione e successiva analisi dei resti. Trovare e rimuovere le carcasse è fondamentale per il contrasto della PSA: una carcassa a terra è fonte di ulteriore contagio, ad esempio, per effetto dei predatori, ma allo stesso modo è fondamentale per capire la distribuzione dell’infezione sul territorio e la pianificazione delle conseguenti azioni. La Polizia provinciale con il supporto degli ATC impiega anche i cani molecolari di ENCI e in alcuni casi ha utilizzato anche l’esercito messo a disposizione dalla struttura commissariale.

La ricerca attiva delle carcasse e il ritrovamento su segnalazione nel solo 2024 hanno portato all’individuazione e rimozione di più di 250 resti di cinghiali. Questa attività ha consentito alla fine del 2024 di fornire anche le giuste informazioni alla struttura commissariale per un aggiornamento delle zone di restrizione, “liberando” dalle restrizioni comuni come Parma, Montechiarugolo e Traversetolo. È un’azione impegnativa sotto il profilo fisico e organizzativo, ma necessaria e fondamentale. Nel 2024 sono state indagate più di 5.000 celle ricadenti nei diversi comuni della provincia.

Prevedete la possibilità di allargare le zone relativamente alle azioni di controllo?

Se per controllo intendiamo la ricerca, la nostra priorità è lavorare intensamente in corrispondenza degli assi autostradali A15 e A1. Monitorare questa zona è fondamentale per l’obiettivo di mantenere confinata la diffusione della PSA. Se per controllo intendiamo il depopolamento della specie siamo attivi, con attività collettive con gli ATC e tiri selettivi notturni su tutto il territorio, ma anche in questo caso stiamo concentrando gli sforzi in prossimità dell’asse A15.

Qual è ad oggi la situazione in provincia di Parma? Ci sono zone in cui la peste è presente e che necessitano di ulteriori misure?

Le misure di restrizione sono definite dalla struttura del commissario Giovanni Filippini, noi e tutti i soggetti coinvolti facciamo il massimo per applicarle. Nel territorio parmense sono istituite tre zone di restrizione. La zona infetta ZR2, la zona di restrizione ZR1 e la zona CEV Controllo dell’espansione virale a regolamentazione speciale che risulta sovraordinata alla 1 e 2 e corrispondente ai comuni interessati dall’A15 e dall’A1 oltre a quelli adiacenti. Un complesso quadro di restrizioni e priorità di intervento che vede esclusi solo pochi comuni tra cui quelli della bassa est, rivieraschi del Po, parte di Parma e i neo “liberati” Traversetolo e Montechiarugolo.

C’è preoccupazione per le zone – Val Parma e Val Baganza – in cui sono maggiormente presenti allevamenti di suini e/o salumifici?

Non c’è tempo per essere preoccupati, siamo operativi al massimo delle forze con la collaborazione di tutti i soggetti coinvolti: istituzioni, cacciatori, mondo dell’agricoltura e industriali. Proprio Confagricoltura e Unione Parmense degli industriali hanno fornito materiale per il trappolaggio e 6 trappole pig-brigs, operative sul territorio, grazie al supporto degli ATC e al nostro coordinamento. Gli allevamenti sono il principale target da proteggere, in particolare promuovendo il rispetto delle misure di biosicurezza.

Sono state installate delle gabbie per poter catturare i cinghiali e attivare il monitoraggio non solo sulle carcasse, che risultati hanno dato fino ad ora? 

Nella zona di prossimità all’A15 e nelle aree parco sono attive 9 pig-brigs, trappole a reti per catturare i cinghiali. Oltre a queste sono attivi diversi impianti di cattura della Polizia provinciale affidati anche questi in gestione agli ATC. La produttività di una gabbia non è scontata, dipende da tanti fattori, quali le abitudini di spostamento dei cinghiali, oltre alle condizioni meteo e primi fra tutti, l’abbondanza di cibo a disposizione dei selvatici. Dove avevamo branchi stanziali le trappole hanno funzionato molto bene permettendo la cattura anche di più di 10 esemplari in un’unica volta, oppure più giornate di catture, ma in altri casi si sono rilevate totalmente improduttive. Tutte le trappole sono monitorate con foto trappole e mantenute attrattive con pastura, occorre un grande impegno ed esperienza per il loro utilizzo, ma soprattutto per il loro posizionamento.

Sulla linea dell’A15, inoltre, si è parlato di 60km di reti di protezione (in alcuni tratti già installate), secondo voi saranno sufficienti?

Le reti, se correttamente installate e soggette a manutenzione, possono essere funzionali a contrastare il movimento dei selvatici. La complessità del nostro territorio appenninico non rende la loro installazione semplice. Il tempo scorre e occorre completare gli interventi il prima possibile. Le reti a presidio dell’asse infrastrutturale dell’A15 sono un elemento fondante della strategia della struttura commissariale di Filippini, come per altre azioni occorre impegnarsi nel realizzarle, ma non credere che possano essere risolutive. Occorre lavorare su più fronti, solo operando con tutte le armi che abbiamo possiamo pensare di contrastare la diffusione della Psa. Tre punti sono fondamentali: limitazioni spaziali, abbattimenti e rimozione delle carcasse, il tutto nella massima attenzione della biosicurezza, non solo per i cacciatori che collaborano, ma anche per i diversi fruitori del bosco e delle aree verdi. Cambiarsi le scarpe, disinfettare, prestare attenzione, sono azioni che non comportano grandi investimenti, solo responsabilità e senso civico. Se servono informazioni le strutture sono a disposizione per fornire tutte le indicazioni necessarie.

La scelta di fermare la caccia, a stagione venatoria aperta, è stata oggetto di molte contestazioni. Il commissario, in un incontro pubblico a Felino, aveva parlato di depopolamento come fase successiva al monitoraggio. È un’azione che è prevista in provincia di Parma? Si conoscono già tempistiche ed eventuali modalità?

La scelta di fermare la caccia a stagione venatoria aperta è stata una decisione contestata, ma che ha contribuito a limitare in alcune zone la dispersione di possibili animali infetti. Fa parte della strategia adottata: prima contenere il pericolo infezione, capire dove è maggiormente presente, poi diminuire il numero dei capi, prestando sempre attenzione a non indurre lo spostamento di capi infetti. Questa la ratio dell’assetto completo delle limitazioni contenute nell’ordinanza commissariale recentemente prorogata al 30 aprile. Ora non esiste una fase successiva ad un’altra, monitoraggio e depopolamento stanno procedendo di pari passo sinergicamente. Si fa ricerca e monitoraggio, andando di conseguenza ad incrementare il depopolamento dove risulta necessario, senza però trascurare anche le aree meno coinvolte, dove ovviamente è positivo ridurre al minimo la possibile presenza di cinghiali. Le modalità di depopolamento sono tre: trappolaggio, azioni di abbattimento collettive e tiro selettivo notturno. Tutte azioni che svolgiamo con l’insostituibile supporto dei bioregolatori degli ATC, ovvero degli stessi iscritti cacciatori. Nel 2024 sono stati abbattuti 1.363 cinghiali.

In questa fase, oltre all’azione della Provincia, anche i Comuni esercitano un ruolo per la prevenzione e il monitoraggio?

I comuni si sono occupati dell’apposizione della cartellonistica per segnalare le zone di restrizione e si occupano di informare e autorizzare le manifestazioni e gli eventi nelle zone di restrizioni, ovviamente acquisendo il parere della struttura commissariale.

La Regione ha predisposto alcune segnaletiche per informare delle misure di prevenzione per il diffondersi della peste. Tra poco partirà la prima stagione dei funghi, ma da un giro informale in alcune zone del parmense, difficilmente si vedono questi cartelli agli ingressi dei boschi o nei paesi. Temete che ci possa essere una sottovalutazione a livello comunicativo?

Le azioni possibili nelle zone di restrizioni sono disciplinate dalle ordinanze del commissario. Oltre alla Regione anche la Provincia e l’AUSL si sono impegnate nelle forniture di cartelli. Le possibilità di accesso ai boschi sono infinite, è impossibile presidiarle tutte. Esistono tanti canali di comunicazione per diffondere le buone pratiche di biosicurezza. Sottovalutare sarebbe un errore che, come comunità, non possiamo permetterci. Lavoreremo per questo.

Ci saranno dei controlli per migliorare la comunicazione? L’impressione è che molte persone non siano a conoscenza delle misure di prevenzione.

I Carabinieri Forestali sono già stati operativi su questo tema, esserne a conoscenza e basta non vuol dire rispettare ed attuare le prescrizioni. Occorre responsabilità e noi faremo di tutto affinché ognuno faccia la propria parte.

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