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Piene, dissesto e "bombe d'acqua" sul parmense: il parere degli esperti | INTERVISTA

Piene, dissesto e "bombe d'acqua" sul parmense: il parere degli esperti | INTERVISTA

Anche la popolazione meno esperta sta divenendo sempre più informata sui fenomeni atmosferici estremi: le “bombe d’acqua” che cadono in una specifica zona in poco tempo, le piene improvvise dei fiumi, le alluvioni. Nell’ultimo anno gli eventi di questo tipo sono aumentati moltissimo e molte persone hanno avuto a che fare con i conseguenti disagi anche direttamente, contando i danni provocati alle proprie abitazioni o ai propri terreni.

L’alluvione del maggio 2023 in Emilia-Romagna, così come quella in Toscana sempre dello scorso anno, hanno arrecato problemi non solo a moltissime famiglie e aziende della pianura Padana, ma anche ai territori collinari e montani, di fatto modificando la geografia dei luoghi. Siamo così di fronte a cambiamenti molto grandi per quanto riguarda il clima e il nostro rapporto con esso, contando che il riscaldamento globale, alla base delle criticità atmosferiche del presente, è stato causato dall’uomo stesso. Le più recenti ondate di maltempo nel Nord-ovest della penisola, comprese le zone di Parma e Piacenza, confermano la tendenza dell’incremento di tali fenomeni, già verificata lo scorso anno: i dati rilevati dall’Osservatorio Città Clima di Legambiente ci raccontano infatti come in Italia, nel 2023, sono stati 378 gli eventi che hanno provocato impatti e danni nei territori, con un incremento del 22% rispetto al 2022, e hanno causato la morte di 31 persone

Per inquadrare il fenomeno in modo dettagliato, capire come si verificano le ondate di piena dei fiumi e come essere preparati a riceverle, e soprattutto come prevenire eventi catastrofici lavorando sul territorio e intervenendo sulla conformazione degli argini, abbiamo posto qualche domanda all’ingegnere Gianluca Zanichelli, direttore di Aipo, l’Agenzia Interregionale del fiume Po e, per il Consorzio di Bonifica Parmense, alla presidente Francesca Mantelli e al direttore generale dell’ente Fabrizio Useri.

“Necessario grande sforzo delle istituzioni pubbliche”

L’Agenzia Interregionale del fiume Po si occupa principalmente dei fenomeni di piena, partecipando alle attività dell’Osservatorio permanente sugli utilizzi idrici presieduto e coordinato dall’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, e cercando di portare un contributo di conoscenza e collaborando per eventuali controlli sull’utilizzo delle acque fluviali in caso di crisi idrica. “La storia umana e anche italiana è connotata da continui eventi di piena, talvolta purtroppo anche catastrofici (1951, 1966, 1994, 2000). Tendiamo ad avere la memoria un po’ corta e questo è un errore, perché porta a far credere a molte persone che non abbiano vissuto direttamente un evento critico, verificatosi lontano nel tempo, che un evento simile non possa più ripetersi“, afferma Zanichelli. “Non c’è dubbio però” – continua – “che negli ultimi anni si siano verificati fenomeni piovosi estremamente gravosi, spesso concentrati nello spazio e nel tempo. Non a caso, l’espressione ‘bomba d’acqua’, di per se idraulicamente insensata, si è affermata solo da qualche anno“.

È evidente che queste tipologie di fenomeni critici hanno un collegamento col cambiamento climatico, spiega il direttore di Aipo, e quindi dovremmo prima di tutto cercare di rispondere, oltre che in termini di previsione, prevenzione e protezione, anche con forme di adattamento e resilienza. “Nell’immediato, però, è ancora necessario un grande sforzo delle istituzioni pubbliche per mantenere nella massima efficienza possibile le opere di difesa idraulica esistenti, in primis i sistemi arginali, e, dove serve, realizzarne anche di nuove, come stiamo facendo, a titolo di esempio, a Parma con la cassa di espansione del torrente Baganza“.

Cantiere cassa Baganza, sopralluogo aprile 2024 (Aipo)

I lavori per la realizzazione della cassa di espansione del Baganza, precisa Aipo, procedono a pieno ritmo e secondo la tabella di marcia prestabilita: i lavori sono al 40%, l’opera è molto grande e complessa, finalizzata, assieme a quella già realizzata sul torrente Parma, ad incrementare notevolmente la sicurezza idraulica della città di Parma e dell’abitato di Colorno. “La conclusione dei lavori è prevista nel 2026“, afferma Zanichelli. La cassa, circondata da arginature, potrà contenere fino a 4,7 milioni di metri cubi di acqua, è formata da due comparti e prevede tre manufatti in calcestruzzo, uno dei quali dotato i quattro “fori” e altrettante paratoie manovrabili, finalizzate a regolare la portata in uscita. Da tutto ciò si evince che la struttura è progettata per riempirsi temporaneamente e solo in occasione delle piene. “Non deve essere mai dimenticato che un’opera come questa, richiesta e attesa dalla cittadinanza, svolgerà già una funzione di fondamentale importanza, riducendo drasticamente i rischi di straripamento a Parma e a valle della città ed evitando perciò criticità drammatiche per persone e cose e conseguenti  ingentissime spese di ristoro e di ripristino a carico della collettività“.

Le piene, difatti, sono fenomeni che possono arrecare non pochi problemi. La morte di tre ragazzi a causa della piena improvvisa del Natisone, nei pressi di Udine il 1 giugno 2024, ha allarmato molti e ci richiama a una corretta informazione per evitare fini tragiche. È difatti bene sapere che ci sono corsi d’acqua (torrenti) connotati da sempre da un’elevata rapidità di propagazione delle piene. In generale, continua Zanichelli, “quando si scarica un’enorme quantità di pioggia in pochissimo tempo e in aree circoscritte, si possono formare in una manciata di ore eventi di piena particolarmente pericolosi, a maggior ragione se il corso d’acqua è di breve estensione e forte pendenza e/o riceve a sua volta l’apporto di un alto numero di subaffluenti e rami secondari“. Continua Gianluca Zanichelli: “Occorre prudenza nel frequentare fiumi e torrenti, anche d’estate, ed essere attenti ad informarsi su previsioni meteo e allerte, visto che oggi lo si può fare in tempo reale con un qualsiasi smartphone“.

La pulizia degli argini e degli alvei dei fiume aiuterebbe a contrastare il fenomeno? Sull’argomento, spesso motivo di dibattito pubblico, Zanichelli fa chiarezza: “Se sugli argini la presenza di piante o alberi e persino di erba alta o infestanti è assolutamente da evitare, per quanto riguarda gli alvei è chiaro che occorre innanzitutto garantire l’officiosità idraulica del corso d’acqua, ma ciò può essere compatibile con la presenza di una certa quantità di vegetazione“. Quello che Aipo sta attuando, compatibilmente con i finanziamenti disponibili, è perciò il cosiddetto “taglio selettivo”, a partire dalle piante più ammalorate o a rischio di crollo, anche perché a causa della corrente potrebbero finire contro le pile dei ponti, ostruendoli e danneggiandoli. “In estrema sintesi, è necessario un approccio equilibrato, per il quale le piante non devono costituire un problema per il deflusso delle piene ma nemmeno essere oggetto di un’eliminazione indiscriminata, che oggi peraltro non sarebbe più proponibile e nemmeno auspicabile“.

Episodi estremi: danni di oltre 3 milioni di euro. Ma la colpa è anche degli animali fossori

Il Consorzio di Bonifica Parmense, che ha come compito la corretta gestione e distribuzione delle acque superficiali per la tutela e lo sviluppo del territorio, si occupa periodicamente dello sfalcio dell’erba sull’intera rete (oltre 1500 chilometri per sponda, dunque più di 3000 chilometri complessivi) con tre turnazioni l’anno – primavera, estate, autunno; di interventi di decespugliamento con propri mezzi e maestranze; dei lavori di adeguamento e ripristini arginali; di risezionamenti e ripresa di frane in alveo. Di competenza della Bonifica sono i canali di bonifica artificiali, come spiegano Mantelli e Useri: “Ci occupiamo di una rete di oltre 1500 chilometri sull’intera provincia parmense e che possiede canali con funzione di scolo (cioè di difesa dagli eventi di piena), canali irrigui (ovvero quei canali che portano l’acqua alle colture del comprensorio) e canali promiscui (vale a dire i canali che svolgono entrambe le funzioni)“.

Inoltre, guardando al dissesto idrogeologico montano e ai numerosi eventi disastrosi che hanno colpito l’Appennino, “la Bonifica Parmense esegue ogni anno numerosi interventi a contrasto sulle strade e i versanti di montagna, oltre ad opere di manutenzione sul reticolo idrografico minore all’interno dei comprensori collinari e montani“. Aggiungono la presidente e il direttore generale: “C’è poi il progetto Difesa Attiva Appennino – ideato ed indetto dal Consorzio della Bonifica Parmense in collaborazione con le associazioni agricole, le imprese agricole e i Comuni della montagna – che dall’inizio della progettualità ad oggi ha superato i mille interventi e che riguarda opere di sistemazione idrogeologica e lavori di regimazione idraulica portati a termine grazie ai bandi pubblicati da 31 Comuni in provincia di Parma“.

Occupandosi della prevenzione alla rottura di argini e di ripristino dei territori franosi, il Consorzio è stato capace di confermare l’ammontare economico di danni: “Il Consorzio ha quantificato alle infrastrutture consortili (strade, impianti, canali) a seguito degli episodi estremi che, nell’ultimo anno ad oggi, si sono verificati nel comprensorio da noi gestito – 330 mila ettari tra la Città di Parma e la sua provincia – è di oltre 3 milioni di euro. Il monitoraggio del nostro personale di bonifica, in sinergia con gli uffici tecnici delle amministrazioni locali, ha rilevato ulteriori criticità idrauliche e idrologiche in ben 16 Comuni: 10 appartengono al nostro Appennino (Bardi, Berceto, Calestano, Compiano, Corniglio, Felino, Lesignano de’ Bagni, Medesano, Neviano degli Arduini e Solignano), 6 sono territori in pianura (Busseto, Fidenza, Parma, Soragna, Traversetolo, Torrile)“, spiegano Mantelli e Useri.

Tengono però a specificare: “Le cause dei danni alle infrastrutture consortili in Pianura non sono da ricercarsi esclusivamente nell’intensità violenta delle precipitazioni (che nessuno può mettere in dubbio), ma hanno come concausa i danni creati precedentemente dalla presenza di animali fossori, in special modo per quanto concerne le ultime rotture arginali avvenute a Fidenza, Busseto e Soragna“. Lo si stabilisce con esattezza proprio per via dell’attenta e costante opera di monitoraggio svolta dall’Ufficio tecnico del Consorzio che, tra il primo evento meteorologico (quello all’inizio dell’ultima settimana di giugno) e il secondo evento (avvenuto tra il 1° e il 2 luglio) ha rilevato, nelle diverse ricognizioni effettuate, la presenza di tane lungo alcune arginature.

Tana animali fossori a Busseto (Consorzio di Bonifica Parmense)

A questo punto sorge legittima la domanda “Per quale motivo il Consorzio non è intervenuto preventivamente?”. Francesca Mantelli e Fabrizio Useri replicano: “Semplice: perché non possiamo. A causa dei tanti, troppi condizionamenti che ci impediscono di farlo, disposizioni di legge – locali, regionali e, a volte, anche nazionali – che rispettiamo rigorosamente e per le quali non possiamo e non dobbiamo agire sull’habitat degli animali. Siamo concordi che tutti gli animali debbano poter vivere in un habitat a loro adeguato, compresi gli animali fossori; ma riteniamo che l’habitat dei fossori non possa e non debba essere quello dei corsi d’acqua della Bonifica perché, altrimenti, si risolve un problema di tipo ambientale creandone altri di natura idraulica“.

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