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Processo mediatico | EDITORIALE

Sulla vicenda di Traversetolo non possiamo permetterci un processo mediatico: l’unico vero processo sarà quello giudiziario e (speriamo) quello personale

Il procuratore di Parma, Alfonso D’Avino, nei giorni scorsi aveva diramato una nota tanto chiara quanto disattesa. Aveva spiegato, senza giri di parole, che le indagini sul neonato trovato morto a Traversetolo si svolgevano sotto il massimo riserbo, con un profilo basso che permettesse agli inquirenti di lavorare in tranquillità. Aveva chiesto, in particolare ai giornalisti, di non scatenare un “circuito mediatico dal qualche è difficile uscire” e soprattutto di non sostituire il processo mediatico a quello giudiziario.

Raccomandazioni vane. Nel giro di poche ore il nome della ragazza, madre dei due neonati trovati morti nella villetta di Traversetolo, ha iniziato a fare il giro del web, della televisione e della carta stampata. Da giornalista mi domando cosa possa cambiare – ai fini della notizia e quindi del diritto di cronaca – sapere il nome di quella ragazza. La vicenda – tragica – è la notizia, lì dovrebbe fermarsi la cronaca. Siamo alle prese con un aspetto umano del quale non sappiamo niente e ci danniamo a raccogliere testimonianze di vicini di casa che non si sono accorti di niente e che si limitano a dire che “era una brava ragazza”. Me lo ri-domando: a cosa serve tutto ciò?

E poi bisognerebbe aprire un paragrafo anche su commenti dei social, ma lì – ormai abbiamo imparato a prenderci le misure – gli haters sono all’ordine del giorno. Fermo restando che è una vicenda tragica, chi siamo noi per giudicare? Senza contare che si fa presto a parlare di anticoncezionali, aborto, culle negli ospedali, ma nel 2024 siamo ancora figlie di una società che ci vuole mogli e mamme. Possiamo e dobbiamo rimanere in silenzio – e per chi crede, anche in preghiera – per i due bambini a cui è stata negata la vita. Possiamo e dobbiamo domandarci perchè nel 2024 ancora succedano queste tragedie. Ma non possiamo e non dobbiamo permetterci di fare un processo mediatico, per il quale non abbiamo nessun elemento se non il nostro metro di giudizio personale.

Pagherà. O forse lo sta già facendo. Ed è giusto, giustissimo, che sia così. Ci sarà un processo – vero – e la giustizia farà il suo corso. Lo farà per la 22enne e lo farà anche per la sua famiglia: il peso di una vicenda di questo tipo non si dimenticherà facilmente. Nessuno intende farli passare da vittime, perchè è chiaro che non le sono: ma tutto questo accanimento mediatico deve pur finire.