Quartieri, esempi di cittadinanza attiva | EDITORIALE
Una delle questioni che più si rimprovera alla politica è che non sia abbastanza attenta alle persone comuni. Ovvero che non riesca a comunicare bene al di fuori del palazzo, che non riesca ad arrivare ai territori, dove le problematiche che in Parlamento sembrano portate avanti con frasi fatte si vivono nella più totalizzante praticità. E forse, la disaffezione della popolazione nei confronti dei partiti e della classe politica, dimostrabile con la poca affluenza alle urne – tanto per le elezioni politiche di settembre, quanto nell’ultima tornata elettorale in Lombardia e Lazio – è dovuta alla mancanza di contatto con chi poi, effettivamente, va a disegnare la sua X in cabina elettorale. Come ripartite? Da dove farlo?
Nella rete amministrativa che cade a goccia dal governo a Roma alle singole città, l’ultimo bicchiere da colmare è quello dei quartieri. Non sono vere e proprie organizzazioni politiche (tranne che nei grandi agglomerati urbani), ma sono porzioni di territorio ben caratterizzate, che esistono proprio per differenza in base agli altri quartieri della stessa città. Ma c’è di più. Come scrive l’urbanista statunitense Kevin Lynch in “L’immagine della città” (1960), un quartiere è una zona in cui un osservatore può entrare mentalmente “dentro”. Come se fossero delle bolle, i quartieri sono riconoscibili dal di fuori, anche se non demarcati da confini fisici, tanto da essere utilizzati come punto di riferimento. Sono come un agglomerato di caratteristiche su cui tutti si concorda. Come un insieme di peculiarità che rendono quella porzione di case ed edifici in qualche modo unica.
Entrare “dentro” ai quartieri può essere difficile. Sarebbe il compito dell’amministrazione locale, con i suoi assessorati e con le persone capaci di comunicare, a Parma, con i CCV, i Consigli dei Cittadini Volontari, organismi di partecipazione – volontari, apartitici e aconfessionali – eletti direttamente dai cittadini, istituiti nei 13 quartieri cittadini. Il condizionale è però d’obbligo, perché non sempre i cittadini, nei singoli quartieri e nelle singole questioni specifiche quartiere per quartiere, si sentono democraticamente partecipi ai processi decisionali che li coinvolgono.
Proprio da qui nasce la necessità di entrare davvero “dentro” ai quartieri, capirne la storia, il passato e l’origine; capirne le qualità, le caratteristiche e i tratti unici che li contraddistinguono; e infine capire i conflitti, i dibattiti e il loro rapporto con il “governo” della città. È da qui che siamo partiti per comporre l’ultimo nostro Magazine, in cui abbiamo viaggiato in 5 quartieri di Parma (Centro storico, Oltretorrente, Golese, San Leonardo, Cittadella), ovvero quelli che a nostro avviso presentano tematiche più “calde” e che più negli ultimi tempi hanno visto esempi di cittadinanza attiva: ciò, appunto, a cui la politica dovrebbe guardare per provare a ripartire “dal basso” e ricomporre il suo tessuto fino al livello nazionale.