I Terzi disponevano all’ inizio del XV secolo di non trascurabili beni giurisdizionali e territoriali nel territorio Parmense, consolidati attraverso una fruttuosa collaborazione con Gian Galeazzo Visconti. I possedimenti riguardavano una vasta area gravitante intorno a Tizzano, le ville di Ballone e Montebello nell’ ex vescovado di Corniglio alle quali si aggiungevano alcune proprietà a confine con il reggiano. Il possesso di Sissa e Trecasali e di Castelnuovo Fogliani nel Piacentino, completavano un patrimonio territoriale degno di nota, ma troppo frammentato e insufficiente a far entrare i Terzi nella prima fascia dei casati più potenti di Parma.

La fortuna di Ottobuono e dei suoi fratelli si sarebbe materializzata poco dopo. In seguito all’aver preso parte, ad alcune  vittoriose spedizioni militari sotto bandiera dei Visconti, come la battaglia di Casalecchio nel 1402, Gian Galeazzo, in segno di riconoscenza, aveva donato, alla famiglia Terzi, l’eredità dell’ ormai defunto Azzo da Correggio, essa comprendeva svariate proprietà nella città di Parma e varie fortezze sparse per tutto il territorio parmense, tra cui Guardasone con Traversetolo, Colorno, Castelnuovo Parmense, Langhirano, Medesano, Felegara, Costamezzana, oltre Guastalla, Boretto e altre località del Reggiano. I territori dei Terzi acquistavano così, maggiore compattezza e si estendevano dall’Appennino alla bassa pianura.

Ottobuono non aveva certo intenzione di placare le sue mire espansionistiche e nel corso del 1403 si appropriò della squadra Correggesca e li sostituì negli equilibri politici della città. Una volta esploso il conflitto tra i grandi casati, Ottobuono combatté i Rossi, gli unici ormai in grado di contrastarlo. L’escalation portò al bando di Giacomo e Pietro Rossi, numerosi cittadini della loro squadra furono imprigionati a Milano. Il lealismo Visconteo di Ottobuono si stava evolvendo in peggio, una volta acconsentito ai Rossi di rientrare in città e avergli giurato fedeltà, si fece assegnare, dal governo di Milano, che in quel momento non aveva risorse e mezzi per opporsi, le città di Fiorenzuola, Brescello, Montecchio e Borgo san Donnino come garanzia. Il finto perbenismo di Ottobuono durò poco, il 10 maggio dello stesso anno, mentre i Rossi erano impegnati in sforzi militari nella zona di Pontremoli, si impadronì di Parma, i membri della squadra rossa furono nuovamente spogliati dei beni ed esiliati, la guerra nel contado si riaccese con ferocia ancora maggiore.

L’azione politica dei Terzi, di rimpiazzare i da Correggio nella scena politica della città, aveva ben presto compiuto un grando salto di qualità, che si manifestò con l’acquisto di Reggio Emilia. In pochi anni erano stati completamente ridisegnati gli assetti di potere dell’area medio-padana. A Parma, i tradizionali squilibri politici erano stati spezzati, il Consiglio fu ristretto a 100 membri, in seguito alla totale esclusione dei partiti e delle squadre che a Ottobuono non andavano a genio, un modello arcaico che sostanzialmente prevedeva l’allontanamento dei casati ostili al signore. I cinque anni del regime dei Terzi si caratterizzò per continue lotte contro Rossi e Pallavicino, in particolare l’esclusione dei Rossi e il loro esilio, mutilava la città di Parma, già vittima di una tendenza demografica negativa, creando malcontento in tutti gli strati della popolazione. Una situazione pressoché insostenibile.

Il tentativo di Ottobuono di espandere il dominio territoriale al danno degli Este, concretizzatosi in una campagna militare alla conquista di Modena, si rivelò il passo più lungo della gamba. Il marchese di Ferrara, Niccolò III Este, promosse nel 1408 una Lega, alla quale aderirono Giovanni Maria Visconti, Gian Francesco Gonzaga, il signore di Bergamo e Brescia Pandolfo Malatesta e logicamente Giacomo e Pietro Rossi. Niccolò III, scelse di optare per una soluzione economica e sbrigativa, organizzando un incontro tra i signori aderenti alla Lega e Ottobuono a Rubiera, il 27 maggio del 1409. Ottobuono, che si era recato sul luogo disarmato e scortato da pochi cavalieri, venne aggredito alle spalle, disarcionato da cavallo e ucciso, da Muzio Attendolo Sforza, con il quale aveva un non specificato conto in sospeso.

Il corpo smembrato, leggenda vuole, venne dato in pasto ai cani e la testa mostrata a Giacomo Rossi in segno di vittoria, che pianse in quanto vescovo di Luni, in quanto capo del casato la fece impalare sulle mura del castello di Felino, dove rimase per molti giorni. La morte di Ottobuono segnò le sorti del suo Casato, ‘’consumate’’ le spoglie fisiche, fu consumata la spartizione delle spoglie politiche e territoriali del Terzi, che da anni, in molti attendevano con ansia. Parma, venne occupata dagli Estensi senza troppa difficoltà, le fortezze fedeli a Ottobuono caddero una dopo l’altra, i Rossi recuperarono il loro, così come i da Correggio. La fine dell’esperienza signorile di Ottobuono coincise con la riduzione del suo casato a dimensioni innocue, i sopravvissuti, investirono le poche risorse rimaste, per farsi confermare da Sigismondo di Lussemburgo i possedimenti di Colorno, ma la bolla imperiale non tardò a rivelarsi un inutile pezzo di carta.

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