Ilario nacque a Poitiers nel 315 d.C. da famiglia pagana. Ebbe una solida istruzione letteraria e filosofica a Bordeax e a Poitiers stessa. Fin da giovane fu animato dal desiderio di conoscere il destino dell’uomo, soprattutto al di là della morte. Ciò lo portò a porsi numerose domande e, con spiccata curiosità, a ricercare la verità. Si avvicinò presto alle Sacre Scritture: i libri di Mosè, quelli dei profeti e il Vangelo di Giovanni. Inizia qui il percorso che lo porterà alla Fede e a diventare, poi, il patrono della città di Parma.

A 30 anni Ilario si fa battezzare. È sposato e ha una figlia: Abra. Da qui inizia la sua fervente vita legata al mondo cattolico. Nel 353 d.C., alla morte del Vescovo di Poitiers, gli viene conferito il ruolo come successore. Siamo negli anni immediatamente successivi al Concilio di Nicea (325 d.C.), in cui si condannava l’arianesimo come dottrina religiosa e all’interno del cattolicesimo si crearono fratture apparentemente insanabili. Le spaccature investono tutto l’Impero e la frattura Oriente e Occidente si fa molto marcata.

Ilario sostenne fortemente la figura di Gesù Cristo contro diversi Vescovi di corte filo-ariani. Molte furono le scomuniche e le dispute teologiche in Francia. Nel 356 d.C. Ilario fu costretto all’esilio per essersi opposto alla dottrina ariana; abbandonò la Gallia e si rifugiò in Frigia (odierna Turchia). In un ambiente particolarmente ostile, soprattutto per la dottrina ariana dominante, elaborò la sua opera più importante con cui contribuì a ristabilire l’unità della Chiesa: La Trinità. In essa tentò di dimostrare la natura divina del Figlio, medesima del Padre, da qui l’espressione “In nomine patris et filii e spiritus sanctis”.

Dalla fine dell’esilio all’appellativo di “Santo”; poi la leggenda

Il suo esilio turco durò quattro anni. Al termine dei quali partecipò ad un concilio – in cui ebbe la meglio contro coloro che lo avevano portato all’esilio – che gli permise di fare ritorno a Poitiers. Qui riprese l’attività pastorale e di lì a poco si riaprì la discussione intorno alla dottrina stabilita nel Concilio di Nicea. Alcuni storici ritengono che il merito sia da attribuire al futuro patrono di Parma (1266). Sconfitto definitivamente l’arianesimo in patria si recò in Italia con lo stesso scopo. Qui, probabilmente la sua visita nella Città Ducale.

Ritiratosi, infine, a vita privata e agli studi morì. Tra il novembre del 367 e il gennaio del 368 avvenne il miracolo. Al momento del trapasso, narra una leggenda, una luce incredibilmente vivida permeò la stanza. Contrariamente a quanto si crede prese il nome di “Santo” già in vita. E probabilmente fu questa l’origine del mito. A Parma, invece, il Vescovo di Poitiers fece tappa in uno dei suoi viaggi. Leggenda vuole che fosse scalzo e un calzolaio, mosso da pietà, vedendolo in quello stato gli regalò un paio di scarpe. Il giorno seguente, nello stesso punto, l’uomo trovò due scarpette dorate.

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