Due anni di pandemia, un innalzamento apparentemente irreversibile delle temperature che rende la neve una risorsa rara e inaffidabile, e per di più il rincaro dell’energia. È un periodo decisamente non semplice per realtà come Schia Monte Caio, perla turistica a meno di un’ora da Parma la cui storica area sciistica, posta su uno dei massicci più belli dell’Appennino Parmense, oggi rischia di estinguersi. Le previsioni meteo per la settimana indicano precipitazioni nevose sulle cime della provincia, e i primi fiocchi sono iniziati a cadere, ma esultare parrebbe prematuro. Se anche un manto bianco tornasse a vestire le montagne, sarebbe poco plausibile che riesca a mantenersi a lungo, e ancor di meno che possa rappresentare il punto di svolta di una stagione invernale sempre più ridotta e posticipata, soprattutto alle altitudini meno elevate.
Per vederci più chiaramente, ascoltando la testimonianza di chi vive questa situazione sulla propria pelle, abbiamo intervistato Mariangela Groppi, legale rappresentante della Montecaio S.r.l., la società di gestione del complesso sciistico di Schia. “Non è più pensabile basare la stagione invernale sugli impianti sciistici – ha spiegato –, perché i costi per metterli in funzione e di mantenimento sono troppo alti, e senza neve è un suicidio”. Una riconversione sarebbe dunque necessaria per far sì che la realtà di Schia non si sciolga in fretta come la neve cui stiamo facendo sempre più l’abitudine. Una presa di coscienza non più rinviabile, che tuttavia non sa di resa, ma di resilienza, forte della consapevolezza che “in questa provincia abbiamo un crinale bellissimo, che ha tanto da offrire al di là degli impianti sciistici”.
È un periodo decisamente non semplice, che sta temprando la resilienza di realtà come la Vostra. Qual è il Vostro sentimento preponderante al momento?
La situazione è terribile. Veniamo da una serie di anni devastanti, in particolare dal Covid – che ci ha sostanzialmente bloccati per due anni –, anche se il principale problema adesso sono le temperature, che sono decisamente troppo alte e non certo da quest’anno. Considerate che noi a Schia siamo abbastanza bassi – tra i 1200 e i 1400 metri d’altitudine –, di neve negli ultimi anni ne abbiamo vista pochissima e in ogni caso non si mantiene, perché fa troppo caldo. Ormai però la situazione è così da diverso tempo, e penso che sia impossibile tornare ai tempi d’oro. Tuttavia, le nostre montagne hanno moltissimo da offrire al di là della neve, a partire dall’aria stessa che si respira, come notano subito le persone che vengono qui dalla città. Nonostante tutto, quindi, rimango comunque fiduciosa, perché, non solo Schia, ma tutto il comprensorio rimane bellissimo.
Alla luce di queste considerazioni e delle condizioni attuali decisamente non ideali per una stagione sciistica in piena regola, quanto è realistico puntare sugli impianti da un punto di vista economico, considerando i vari aspetti in ballo – crisi economica, cambiamento climatico…? È una scommessa che rischia di compromettere un’intera stagione o è ancora il primo cavallo di battaglia su cui conviene continuare ad investire?
Assolutamente no, gli impianti non possono più essere la prima scelta. Come ho detto, alla nostra altitudine non si potrebbe fare a meno dell’innevamento artificiale, appunto perché di neve non ne viene a sufficienza, ma anche così non basta. Se la temperatura non scende, infatti, ma rimane sopra lo zero tra i due e i tre gradi anche di notte, arrivando facilmente ai dieci gradi e oltre in giornata, il manto nevoso si scioglie velocemente. Inoltre, il costo per l’innevamento artificiale è esagerato, e in generale i costi che dobbiamo sostenere per gli impianti sono improponibili, in particolar negli anni che hanno in scadenza le revisioni, come quest’anno, il quindicesimo di vita per la nostra seggiovia. Quindi, non è più pensabile di basare la stagione invernale solo sugli impianti sciistici, appunto perché i costi per metterli in funzione, di mantenimento e revisione sono troppo alti, e con poca, se non niente, neve la situazione è davvero drammatica.
Dobbiamo assolutamente puntare su altre soluzioni per far sì che la gente venga comunque a Schia. Non è più quindi realistico pensare agli impianti e alla neve come ai motori di tutto l’indotto che gravita intorno alla stazione (e quindi di tutte le attività commerciali dai ristoranti ai negozi). Occorre invece pensare in termini di inverni senza neve, come se la neve non ci dovesse essere. Poi, se viene, tanto meglio, ma non può più essere il punto cardine.
In seguito al tavolo con le regioni, che si è tenuto nei giorni scorsi, sulla questione “Appennino senza neve”, la Ministra del Turismo Santanché si è detta soddisfatta dell’incontro e ha promesso una risposta concreta del governo in 2/3 settimane. Al di là delle formule proposte, quanto una realtà come Schia sente la vicinanza e l’aiuto delle istituzioni regionali e statali? Vi è effettivamente una collaborazione e una comunicazione che porti a dei sostegni concreti in maniera centralizzata o di fatto ogni realtà è un’isola lasciata a sé stessa?
Allora, innanzitutto, c’è una distinzione da fare, perché noi, come già detto, siamo una montagna di bassa altitudine. Quindi, sì, senz’altro speriamo che le istituzioni ci diano una mano, e va benissimo che si parli di interventi e di aiuti, ma la verità è che a parlando di “Appenino senza neve” in generale non c’è posto per noi. I centri montani sono diversi, non sono tutti uguali, e i discorsi e i piani, per esempio, per sostenere il funzionamento degli impianti sciistici e i sistemi di innevamento artificiale non so quanto possano servire da noi, per il discorso che facevo prima. È anche per questo che è importante dare una voce a tutti, e considerare le diverse condizioni di tutti.
Poi, per attuare quel cambiamento di direzione necessario e per potenziare delle strutture per le soluzioni alternative cui accennavo prima, un sostegno da parte del Governo e della Regione è senz’altro fondamentale. Certo, ad oggi gli aiuti non bastano per i costi che dobbiamo sostenere e i pagamenti cui dovremmo incorrere per una riconversione. Sarebbe poi auspicabile che ci fosse una coordinazione e un dialogo ancora maggiori tra le realtà montane locali, sull’esempio di quanto accade in altre zone come sulle Alpi, posto che ci sono innegabilmente delle differenze in termini di organizzazione oltre che di condizioni geografiche e metereologiche.
Immaginando di dover riconvertire l’economia di Schia estendendo anche all’inverno le attività e i servizi proposti per le altre stagioni, ritenete che un tale cambio di direzione rappresenti una valida alternativa alla stagione sciistica oppure si tratta di una forzatura che non sarebbe conveniente? A partire da quello che già sta succedendo quest’anno, quali sono le conseguenze per gli operatori del settore – come i mastri di sci – e qual è la situazione specifica a Schia?
Allora, per quanto riguarda i maestri di sci, sarebbe opportuno rivolgersi a loro, anche se è palese che possano portare la propria opera in altre località. Per esempio, durante le vacanze natalizie, la loro presenza è preziosa anche sulle Alpi. Quello per cui sono più preoccupata non è tanto la mia generazione, ma le prossime. È soprattutto per loro che bisogna immaginare delle soluzioni alternative per il presente e per il futuro. Poi, quanto ad estendere le attività della primavera o dell’autunno anche all’inverno, è una cosa ormai necessaria. Faccia conto che l’altro giorno delle persone mi hanno chiesto per fare un percorso in mountain bike. Adesso, che siamo in pieno inverno. Ma ormai è questa la normalità cui andiamo incontro e a cui dovremo abituarci.
Immaginare un Appennino d’inverno senza neve è desolante, ma è un panorama cui già oggi sembrerebbe necessario far l’abitudine. Come è pensabile un turismo invernale senza neve? Quali strutture si renderebbero necessarie? Nel lungo termine avete già in mente un progetto?
Guardi, per ritornare al discorso cui accennavo prima riguardo alle mountain bike, al momento abbiamo già a disposizione un’ottima rete di sentieri utilizzati per il trekking e per le MTB, che andrebbero semmai e rinnovati e potenziati anche per la stagione invernale. Avendo però già una base da cui partire, da quel punto di vista sarebbe relativamente facile muoversi anche sul breve-medio termine. Poi, lo ribadisco, in questa provincia abbiamo un crinale bellissimo, che ha tanto da offrire al di là degli impianti sciistici. Per esempio, moltissime persone vengono per gli splendidi percorsi per fare trekking o, dovesse esserci la neve, per delle ciaspolate. Inoltre, ospitiamo un bel parco giochi utilizzabile anche nel periodo invernale a disposizione dei bambini.
Quello che davvero farebbe bene a Schia, così come ad altre realtà della zona, sarebbe l’intervento benefico di qualche imprenditore cittadino sullo stile di quello che fece l’Avvocato Agnelli con Sestriere in Piemonte. Vi sono infatti molti bravi imprenditori nella regione, soprattutto nel bolognese – come Marco Palmieri, amministratore delegato di Piquadro, che, unitamente ad altri industriali, si è già attivato dando il proprio contributo in questo senso nella stazione sciistica bolognese “Corno alle Scale” -, il cui aiuto potrebbe fare la differenza per rilanciare le nostre località montane, anche in termini di sponsor.
Ci tengo infine a sottolineare che tutte le varie attività ed iniziative che vedono Schia protagonista, inverno o estate che sia, si avvalgono della collaborazione di un’ottima Proloco locale.