La sostenibilità di gregge è l’unica soluzione per la pandemia climatica | EDITORIALE
C’è una pandemia che scorre parallela a quella di Covid-19 che probabilmente è solo più lenta nel “contagio” rispetto al virus che ha già infettato 163 milioni di persone nel mondo: la crisi climatica in atto da decenni rischia tuttavia di produrre effetti collaterali più drammatici per l’umanità – oltre a quelli già prodotti ma costantemente ignorati dalla governance internazionale -, perché oltre ad una determinata soglia è stata dichiarata irreversibile. L’emergenza climatica condivide due caratteristiche con la diffusione della malattia respiratoria acuta che ha messo in ginocchio la popolazione mondiale: entrambe hanno una diffusione globale pervasiva; ambedue si propoagano in modo silente nella loro fase iniziale, celando la loro pericolosità in un periodo di incubazione (settimane per la SARS-CoV-2, anni per la seconda) pericoloso. Proporre una crasi fra pandemia ed emergenza climatica risulta necessario proprio per questi motivi, rendendo di conseguenza esplicito anche il percorso di “cura”: il rimedio alla malattia della Terra può essere trovato solo con una rapida, efficace e collettiva corsa all’adozione di efficaci contromisure.
In modo analogo a quanto fatto per contrastare il nuovo coronavirus, si dovrebbe agire tempestivamente – anche se siamo già in ritardo di tanti anni -, nel trovare un’azione risolutiva per la mitigazione dei cambiamenti climatici: le politiche di vaccinazione e le azioni di contrasto al virus hanno infatti dimostrato che “nessuno può sentirsi al sicuro finché tutti non saranno al sicuro”. In questa lotta sono stati adottati meccanismi in grado di limitare le sfere d’interesse di ogni singolo Stato nella convinzione che queste fossero meglio difese e garantite in virtù di scelte collettive e per quanto possibile condivise. Tale esperienza non deve’essere dispersa e dovrebbe guidarci, come umanità, verso azioni concrete di politica ambientale per portare un cambiamento significativo prima che sia troppo tardi. Agire prima che il problema diventi troppo grave da non poter più essere ignorato deve diventare la priorità, perché quando il problema sarà evidente a tutti, sarà anche troppo tardi per risolverlo.
Per affrontare politiche ambientali decisive sarà utile, quindi, che i sistemi di governance trovino risorse di dialogo più aperte e collaudate proprio in seguito all’esperienza pandemica. Di conseguenza, la soluzione più efficace per affrontare la pandemia climatica è quella di raggiungere una sorta di “sostenibilità di gregge” portando la maggior parte del pianeta ad abbandonare tutte le azioni climalteranti che minacciano l’immunità dai cambiamenti climatici. Ignorare tali effetti significa sottovalutare un dato di fatto macroscopico: il pianeta non è uno scenario inerte alla nostra espansione, alle nostre emissioni e al nostro atteggiamento predatorio nei confronti delle risorse che esso ci offre. Il pianeta è vivo e si regge su sottili equilibri che le attività antropiche stanno alterando da secoli – come una pandemia – senza troppa preoccupazione, minacciando non solo gli esseri viventi che ci circondano, ma anche quella forma di vita che siamo noi stessi. Dobbiamo cambiare questo atteggiamento ora, a discapito di abitudini consolidate che richiedono alcuni sacrifici, anche se fino a questo momento ci ha fatto comodo non rinunciarvi.
Rachel Carson, autrice del libro Primavera silenziosa segnò la nascita dell’ambientalismo internazionale. Pubblicato nel 1962 è un atto di accusa sull’industrializzazione delle campagne ed una documentata denuncia del degrado ambientale. Tra le altre cose, vi si legge: “Ci troviamo oggi di fronte ad un bivio: (…) la via percorsa finora ci sembra facile, in apparenza: si tratta di una bellissima autostrada, sulla quale possiamo procedere a elevata velocità ma che conduce ad un disastro. L’altra strada – che raramente ci dedichiamo ad imboccare – offre l’ultima e unica probabilità di raggiungere una meta che ci consenta di conservare l’integrità della terra. Spetta dunque a noi decidere“. In quel frangente Carson metteva il mondo di fronte alle sue responsabilità e di fronte ad una scelta difficile: aprire gli occhi sui problemi dello sviluppo incontrollato e sulla crescita economica. Ancora oggi, purtroppo, fatichiamo a trovare risposte comunitarie su questo tema complesso.