Il 9 marzo 2020 il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha firmato un DPCM per estendere le misure di contenimento all’intero territorio nazionale. Tutta Italia da quel giorno ha dovuto chiudersi in casa per contrastare il diffondersi del Coronavirus, e ognuno di noi ha dovuto imparare a vivere in questa lunga pausa dalla vita piena e frenetica che siamo abituati a vivere. Gli effetti dell’isolamento domestico possono essere molteplici: si può sentire la solitudine e vivere momenti di depressione, ma possono nascere anche spunti di creatività, in cucina, nell’esercizio fisico o grazie ai nostri apparati elettronici. Non per tutti però, stare a casa è soltanto questo. In certi casi infatti, le donne vittime di violenza si ritrovano intrappolate nelle mura domestiche insieme al loro maltrattante, e la casa non è più il luogo in cui stare al sicuro, ma una prigione dalla quale è difficile scappare.
Durante questo periodo il numero pubblico 1522 è rimasto sempre attivo per accogliere le richieste di aiuto delle donne, così come i vari centri antiviolenza cosparsi per il territorio italiano. Questi si sono ri-arrangiati, con la comunicazione a distanza e le consulenze telefoniche o in videochiamata, impegnandosi a lanciare un messaggio ben preciso: “noi ci siamo“. Tuttavia, si è mossa anche una denuncia di Antonella Veltri, presidente di D.i.Re: “Oggi [14 aprile] siamo nella stessa situazione di 53 giorni fa, quando si è registrato il primo decesso per Covid. Nonostante avessimo chiesto risorse straordinarie e le necessarie protezioni per gestire l’accoglienza, i centri antiviolenza e le case rifugio hanno dovuto nella maggior parte dei casi provvedere in autonomia a mettersi in sicurezza e a reperire alloggi di emergenza“.
Dati nazionali e regionali
L’Associazione Nazionale D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza, è un’associazione italiana a carattere nazionale di centri antiviolenza, che ha lo scopo di innescare un cambiamento culturale di trasformazione della società italiana, proprio in misura del fenomeno della violenza maschile sulle donne. Durante questo periodo l’associazione ha reso noto il numero delle donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza coperti da D.i.Re (80 organizzazioni): “2867 donne si sono rivolte ai centri antiviolenza D.i.Re durante il lockdown“. Questi dati simboleggiano un aumento significativo e 806 di queste donne, pari al 28%, non avevano mai chiesto aiuto. L’associazione afferma che l’incremento delle richieste di supporto, rispetto alla media mensile (dati Istat 2018) è stato del 74,5%.
Tuttavia, se prendiamo in considerazione i dati delle Case delle Donne dell’Emilia-Romagna, si registra un calo del 53% delle richieste di aiuto provenienti da donne nuove, accolte dal 1 al 31 marzo 2020. I dati sono confrontati con quelli del dato di marzo 2019. Dai dati emerge anche che le donne che hanno fatto richiesta di aiuto in questo periodo sono un po’ più giovani: l’età media è infatti di 39 anni (contro i 43 del 2019). Spesso sono donne senza figli, e le donne con figli, nuove vittime di violenza, che hanno chiesto aiuto, sono pari al 69%, mentre nel mese dello scorso anno erano l’82%. Spesso le donne sono vittime di violenze fisiche: nel 2020 lo è il 67% delle donne, mentre nel 2019 lo era il 53%. Un altro dato ad essere aumentato è quello riguardante il caso in cui è il maltrattante è il coniuge o il convivente: nel 2019 lo erano il 57% mentre adesso il 70%. L’indagine del Coordinamento dei Centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna, è stata condotta su un campione di 4 centri (Lugo, Ferrara, Modena, Reggio Emilia); noi abbiamo sentito nello specifico il Centro Antiviolenza di Parma.
Le parole del Centro Antiviolenza di Parma
La presidente del Centro Antiviolenza Onlus di Parma, l’avvocato Samuela Frigeri, ha evidenziato che c’è stata una riduzione delle chiamate al centro, proprio perché le donne difficilmente riescono a trovare momenti di libertà per contattarli. “Non hanno spazi di autonomia, sono in difficoltà: devono contattarci quando vanno a fare la spesa, o quando lui esce, oppure se vanno in farmacia o a portare fuori il cane“. Il centro di Parma risponde alla mail acavpr@libero.it allo 0521238885 e si stanno moltiplicando anche sui canali social, oltre che Whatsapp: “In ogni caso devono cancellare la cronologia“. Quello che il centro offre è di avere colloqui, anche via Skype, in modo tale che le donne possono chiedere consigli, sfogarsi, o chiedere aiuto.
L’avvocato Frigeri tuttavia, raccomanda di rivolgersi eventualmente alle Forze dell’ordine o ai Servizi Sociali, che possono valutare in accordo e con il consenso della donna di inserirle nelle case rifugio. Il Centro infatti, funziona con l’accoglienza e l’ospitalità delle donne. Tuttavia, afferma Frigeri, “si cerca ove possibile, come sempre, di attivare reti amicali o famigliari“. L’importanza dei Centri antiviolenza infatti, è lo stretto contatto con il territorio, mentre il 1522 è il numero pubblico nazionale. I Centri tuttavia, collaborano tra loro e con le associazioni macro, come D.i.Re: insieme hanno infatti diffuso questo video: