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Violenza sulle donne: “Spesso non viene riconosciuta, bisogna fare di più”

Secondo i dati del Viminale dal 1 gennaio al 7 novembre 2022 sono 95 le…

violenza sulle donne

Secondo i dati del Viminale dal 1 gennaio al 7 novembre 2022 sono 95 le vittime di femminicidio: cinquanta di queste donne sono state uccise da partner o ex partner, 33 in ambito familiare e affettivo e 12 in altro contesto. Solo il 27% delle donne vittime di violenza intraprende un percorso giudiziale, civile o penale. Ma perchè la maggior parte delle donne che subisce una violenza decide di non intraprendere questi tipi di percorso? Ne abbiamo parlato con l’avvocato Arianna Enrichens, specializzata in diritto civile, antidiscriminatorio e delle pari opportunità, con particolare riferimento al contrasto alla violenza di genere. “Viviamo in un paese in cui la nostra legislazione è avanzata e adeguata alla complessità del fenomeno e alla tutela delle donne vittime di violenza. Ciononostante, l’Italia continua a ricevere delle condanne da parte della Corte Europea dei diritti dell’uomo”.

L’ultima è avvenuta lo scorso 10 novembre e secondo il GREVIO – Gruppo di esperte sulla violenza contro le donne, che monitora l’applicazione della Convenzione di Istanbul – ci sono diverse lacune riguardo la mancata considerazione degli atti di violenza domestica nelle decisioni giudiziarie relative all’affidamento e al diritto di visita dei minori. La Commissione parlamentare ha pubblicato il 20 aprile scorso, una relazione molto approfondita sui casi di vittimizzazione secondaria nei procedimenti civili nei quali le donne denunciano la violenza, evidenziando come in moltissimi casi la violenza non è riconosciuta e le madri che non vogliono la frequentazione dei figli col padre violento vengono considerate poco collaborative.

Questo perché – spiega Enrichens – può accadere che non si dia sufficiente credito alle donne vittime di violenza: gli operatori dei tribunali (quindi avvocati/e, giudici, assistenti sociali e psicologi/ghe) non sempre riconoscono la violenza laddove esiste. Ancora tantissime situazioni di violenza (soprattutto di carattere psicologico) non vengono adeguatamente tutelate. E ciò è dovuto al fatto che vi sono ancora molti stereotipi legati alle donne nel nostro sistema e nella nostra società con cui confrontarsi. Gli operatori e le operatrici che si occupano di violenza devono quindi formarsi adeguatamente”.

Non solo violenza fisica

Il tema della violenza è un tema molto complesso e difficile da riconoscere, anche perchè è legato a dinamiche personali. Per violenza non si intende unicamente quella fisica, maggiormente riconoscibile: la donna può subire anche una violenza psicologica-affettiva, difficile da accertare e da far emergere, ma che non deve essere sottovalutata. Un altro tipo di violenza diffusa è quella economica, ossia la privazione delle risorse a chi subisce la violenza e questo alimenta ancora di più la difficoltà ad uscire dalla violenza stessa. La vittima diventa economicamente dipendente dal maltrattante. Le donne in Italia guadagnano meno degli uomini, portano il carico della famiglia sulle spalle, si ritrovano con dei debiti o con le carte bloccate.

La violenza è un fenomeno molto complesso in quanto ciclica e quindi con delle fasi di aggressività acuta alternate a fase di quiete denominate “luna di miele” (la fase del “perdonami”, “cambierò”, “senza di te non vivo”) in cui la donna che ha subito la violenza si trova oggetto di comunicazioni contrastanti, manipolatorie e portatrici di grande confusione. Quest’ultima fase – spiega l’avvocato – viene inoltre alimentata dalla speranza di un cambiamento del comportamento del maltrattante, che basandomi sulla mia esperienza non verifica praticamente mai. I percorsi di affiancamento dalla violenza sono lunghi e complessi ma possono portare a grandi risultati di libertà. Molto spesso uscire da una situazione di violenza fa paura e a volte sia in ragione delle ripercussioni dovute ad un eventuale allontanamento, sia perchè è forte il senso di colpa che spesso le donne provano nel denunciare il padre dei propri figli ma anche per la paura dell’ignoto nell’intraprendere un percorso giudiziale”.

Denunciare sempre

Una donna che subisce una violenza prima di tutto deve rivolgersi ai centri antiviolenza nel proprio territorio, dove troverà aiuto, sostegno, oltre un supporto psicologico e legale. Per la donna che subisce una violenza vengono attuate una serie di tutele, tra cui la tutela cautelare penale ma anche in sede civile (nell’ambito dei procedimenti di separazione e affidamento della prole).

Denunciare la violenza è fondamentale, porta a far emergere la situazione e a definire la violenza intesa come sopraffazione di uno nei confronti dell’altro (da non confondere con un semplice conflitto).

E’ importante pensare che non sia un fenomeno isolato ma che possa succedere a tutti, ciascuno di noi può finire in una dinamica di violenza se non tiene alta la sua consapevolezza. “Io sono ottimista sul futuro, attualmente vi è una preparazione e una sensibilità elevata nei confronti di questi temi e ci possono essere gran miglioramenti”, conclude.

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