“In tutta la Valle Padana, Parma è l’unica zona che non sia caduta in mano al fascismo oppressore. La nostra città, compresa una buona parte della provincia, è rimasta una fortezza inespugnabile, malgrado i tentativi fatti da parte dell’avversario. Il proletariato parmense non ha piegato e non piega”
Guido Picelli, 1° maggio 1922
Il 9 ottobre 1889 nasceva a Parma Guido Picelli, politico del regno d’Italia dal 1921 al 1926 e antifascista fautore della storica resistenza parmigiana di via Bixio nelle 1922 alle milizie fasciste. Apprendista orologiaio in gioventù, presto decise di abbandonare la professione per mettersi in viaggio nel nord Italia, al fianco di alcune compagnie attoriali del tempo. Fino all’adesione e all’inizio di una carriera politica e militante tanto breve quanto intensa, iniziata con l’adesione al Partito Socialista Italiano e, in seguito allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, con l’arruolamento volontario all’interno della Croce Rossa Italiana e nel Reggimento fanteria di Piacenza come sottotenente.
Gli anni più cari a Parma della vita di Picelli sono senz’altro quelli della resistenza antifascista: una volta rientrato in Città e aderito alla Lega proletaria mutilati, invalidi, reduci, orfani e vedove di guerra di cui divenne segretario, nel 1920 fondò le Guardie Rosse e nel 1921 fu eletto alle elezioni politiche con il PSI. Proprio per fronteggiare le squadre fasciste sul piano militare, nel 1921 Picelli costituì gli Arditi del Popolo. Sarà il 31 luglio del 1922, in occasione dello Sciopero legalitario proclamato in tutta Italia dall’alleanza del Lavoro che Guido, con il fratello Vittorio, guiderà a Parma un fronte unico antifascista.
Se lo sciopero falliva a livello nazionale per mano del Partito Nazionale Fascista, Parma resisteva tanto da costringere i vertici di Partito a inviare Italo Balbo in città per studiare la situazione. La mattina del 4 agosto i presso la stazione fu tentato un primo attacco al quartiere di Oltretorrente dove si erano nel frattempo asserragliati i socialisti. L’assedio fu respinto fino al punto che Balbo fu costretto a rivolgersi al Governo che proclamò lo Stato d’assedio passando i poteri ai militari e facendo ritirare dalla Città le squadre d’azione.
Dopo la Marcia su Roma del 14 dicembre 1922, Picelli fonderà i Gruppi segreti di azione, operativi a Parma nei primi mesi del 1923: nel maggio dello stesso anno, Picelli e altri trentasei comunisti vennero arrestati in quello che è ricordto come il “complotto delle cappe nere“, il quale portò alla decapitazione dei vertici comunisti parmensi. Picelli ebbe salva la vita grazia alla negazione a procedere da parte della Camera.
La successiva carriera politica di Picelli si compone dell’abbandono del PSI per diventare il nuovo leader del Partito Comunista d’Italia, dell’azione in favore del Meridione con cui mantenne contatti assidui e della partecipazione nel 1924, per la prima volta a Parma, di una lista comunista che si unì con una parte di socialisti raccogliendo il 3,6% complessivo nella Provincia di Parma e il 9,8% in città.
Dopo aver preso parte alla secessione dell’Aventino nel 1924 e in seguito alla promulgazione delle Leggi fascistissime, nel 1926 Picelli fu dichiarato decaduto dal mandato parlamentare, arrestato e condannato a cinque anni di confino che scontò a Lampedusa e a Lipari, dopo sette mesi di carcere a Siracusa e Milazzo. A questo seguiranno gli esili in Francia e in Unione Sovietica nei primi anni Trenta e la partecipazione alla Guerra civile spagnola, durante la quale Guido Picelli cadrà combattendo come volontario il 4 o 5 gennaio del 1937.
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