Il 31 gennaio 2023 ha segnato la conclusione del Percorso Partecipativo per il Nuovo Tardini. Lungi dal condurre a un’approvazione unanime del progetto, tale percorso è stato piuttosto il riflesso di una città spaccata intorno a un argomento ancora oggi molto caldo e divisivo. In questi giorni proveremo a fare luce sui diversi punti di vista, provando ad analizzare – affidandoci a tutti gli attori chiamati in causa – il progetto e i relativi pro e contro. La nostra inchiesta, che prevede anche un sondaggio, sul nuovo stadio Tardini parte raccontando la posizione dei Comitati e delle Associazioni contrarie all’attuale progetto, che prevede – tra l’altro – anche la concessione dell’immobile per 90 anni al patron del Parma Calcio Kyle Krause. Abbiamo parlato del progetto, affrontandone le caratteristiche di natura tecnica, ma anche sociale e partecipativa, con Sandro Fontanesi, ingegnere e vice presidente del Comitato Tardini Sostenibile e Roberta Roberti di Parma Città Pubblica. Nei prossimi articoli, daremo voce anche alla posizione dei tifosi del Parma Calcio e all’Amministrazione Comunale.
Commercio e viabilità: ecco cosa non funziona nel progetto
Stando al progetto, il nuovo stadio non solo sarà “mondiale”, ma anche un eccezionale polo d’attrazione, motivo per cui i Comitati si sono attivati da tempo per fermarne la realizzazione. Ma perchè il progetto di uno stadio del genere preoccupa così tanto? Per cercare di fare luce sulla questione abbiamo parlato con Sandro Fontanesi, del Comitato Tardini Sostenibile, il quale ha da subito sottolineato quanto il progetto sia insostenibile: “Quell’area di 36.000 metri quadrati non è adatta per l’inserimento di una costruzione con molteplici funzioni: sportive, commerciali, ristorative, location di grandi eventi e parcheggio sotterraneo: per fare questo ci vogliono aree diverse“.
Se al momento lo stadio viene utilizzato soltanto per la visione di eventi calcistici, il nuovo progetto prevede che vengano inserite delle attività commerciali al suo interno, per una superficie commerciale di circa 3000 metri quadrati “con una concessione di 90 anni le superfici destinate al commercio aumenteranno fino a saturare tutti gli spazi a disposizione, trasformando così il Tardini in un vero e proprio polo commerciale dove le attività seguiranno solo le regole del mercato“. Ma l’apertura di nuovi negozi e ristoranti sarà utile alla città e al quartiere? “Noi, a differenza dei promotori, abbiamo fatto un censimento di tutte le attività commerciali che ci sono nel raggio di 500 metri: sono circa 170 attività di cui molte già in sofferenza. Se aggiungiamo altri negozi, rischiano di chiudere anche gli ultimi superstiti”. Fontanesi ha inoltre evidenziato che l’area Tardini è stata richiesta dal proponente all’amministrazione comunale a titolo gratuito, il che porterà ad una concorrenza sleale nei confronti di coloro che da tanti anni faticano per tenere in piedi le loro attività.
Altro problema non indifferente è quello legato alla viabilità: già negli anni ’90 le sentenze del TAR avevano dichiarato illegittima la ristrutturazione dello stadio, sostenendo che problemi come la viabilità e la sicurezza non si sarebbero mai potuti risolvere. “I progettisti attuali confermano che il nuovo stadio, nella localizzazione attuale, presenterà gli stessi disagi in termini di accessibilità, sicurezza e circolazione; in definitiva dalla sentenza dei giudici non è stato fatto alcun passo avanti“. Gli esponenti del Comitato, infatti, spiegano che nei giorni delle partite la zona dello Stadio viene chiusa al traffico e diventa “un’area militarizzata, con conseguenti disagi per il quartiere e per la città, che si faranno ancora più sensibili con l’aumento degli utilizzi e la realizzazione di grandi eventi“. Un altro aspetto che preoccupa maggiormente i Comitati è quello urbanistico: la realizzazione di un grande parcheggio interrato di 160 posti all’interno dell’area del Tardini “è anacronistico per i tempi in cui viviamo e in antitesi con l’agenda Parma 2030/2050 sull’ambiente a cui la Città ha aderito“.
La sostenibilità che manca
La realizzazione del nuovo stadio andrebbe, secondo il Comitato, ad impattare in maniera importante l’aspetto architettonico, storico, paesaggistico del quartiere e della Città. “Lo spazio intorno al Tardini – prosegue l’ingegner Fontanesi – è infatti caratterizzato da ampi viali piantumati, dal Casinetto Petitot, e dagli spazi aperti circostanti. L’eliminazione del viale di tigli interni allo stadio, l’inserimento del parcheggio interrato che impedirebbe la piantumazione di vegetazione profonda, le rampe di ingresso/uscita del parcheggio e le appendici di nuovi fabbricati, modificheranno irrimediabilmente lo spazio aperto che dialoga con P.le Risorgimento e le costruzioni storiche dell’ingresso“.
“Altro tema rilevante è la convivenza del nuovo stadio con la scuola di quartiere Pezzani Puccini. Se il progetto verrà realizzato il destino dell’istituto è segnato. Con lo stadio multifunzione alle spalle e le vie di accesso della logistica poste sui due lati della scuola, non può esserci futuro per una frequentazione di bambini e famiglie. Sarà solo una questione di tempo, ma la scuola, a queste condizioni, non potrà rimanere nel quartiere”.
“Lo Stadio che vorremmo”
Quello del progetto dello Stadio Tardini è un argomento che continua a dividere e far discutere i parmigiani. Quale potrebbe essere la soluzione migliore, dal punto di vista di Comitati ed Associazioni? Ce l’ha spiegata, in sintesi, Sandro Fontanesi: “Sappiamo che lo stadio è assolutamente funzionale; non è uno stadio vecchio in quanto ha solo 30 anni. Si potrebbero sistemare alcune criticità sin da subito: ad esempio intervenire sulle luci, coprire le curve, ristrutturare la Tribuna Est. Siamo a favore di una riqualificazione, con interventi mirati e programmati secondo un piano tecnico-economico portato avanti dalla amministrazione pubblica. Dovrà essere uno stadio ancora ‘nostro’ e a misura della città di Parma. E’ necessario mantenere equilibrio tra l’area in cui è inserito e la funzionalità sportiva. Se invece si ritiene che sia necessario uno stadio ‘mondiale’ bisogna intervenire su una zona diversa. Noi per esempio avevamo individuato un’area pubblica da riqualificare in zona mercati, ma ci potrebbero essere naturalmente altre soluzioni. Altrimenti, si sistema lo stadio attuale e lo si lascia dove è: una soluzione che per Parma va più che bene, dato che funziona da 30 anni. Siamo abituati a ristrutturare cose che hanno 100 anni e sembrano esserci chissà quanti problemi per ristrutturare uno stadio che ne ha 30; questo per noi è veramente negativo“.
“Amministrazione mai terza alla questione”
Ad alimentare il malcontento dei Comitati è anche l’atteggiamento delle due amministrazioni, Pizzarotti prima e Guerra poi: in primis la mancanza di ascolto e di partecipazione, ma anche il voler ridurre la questione alle proteste solo di quartiere “quando ci sono 21 associazioni che hanno aderito alla raccolta firme e alcune sono anche nazionali“. “Abbiamo visto la spregiudicatezza della scorsa amministrazione, che non è mai stata terza rispetto alla questione“, conclude Fontanesi. “Fatico a vedere la discontinuità tra le due amministrazioni – aggiunge Roberta Roberti di Parma Città Pubblica – magari c’è la volontà, ma per adesso non ne abbiamo contezza“.
I 90 anni che fanno discutere
“Dare un bene pubblico ad un privato per 90 anni gratuitamente è forse il problema più grande di questo progetto“, continua la Roberti, citando il precedente della concessione di Piazza Ghiaia per 30 anni ad un privato e le attuali condizioni della stessa dopo una decina di anni. Tra le preoccupazioni delle associazioni c’è anche quella che, tra qualche anno, il presidente del Parma Kyle Krause decida di vendere senza che – a meno che non vengano inserite clausole specifiche nella concessione – il Comune possa fare nulla.
L’inefficacia del percorso partecipativo
Un percorso partecipativo, quello promosso dal Comune di Parma, che nasce “zoppo“. Parma Città Pubblica evidenzia le criticità relative alle modalità del dibattito: “Non si può prendere a modello il dibattito pubblico alla francese, se poi mancano le condizioni“. Ciò che le associazioni criticano a questo processo partecipativo è la mancanza di raccolta dei bisogni della comunità prima di decidere: “Non abbiamo avuto l’impressione che questo sia avvenuto; non è stato dato adeguato ascolto alle criticità che noi abbiamo espresso“.
Roberta Roberti, già consigliere comunale d’opposizione nella scorsa amministrazione, ha anche sottolineato come i bisogni espressi dalle associazioni siano gli stessi che erano stati espressi nella Conferenza dei Servizi dagli Uffici Comunali e da altri interventi avvenuti nei due anni e mezzo passati dal primo progetto. “Fare dei percorsi partecipativi – spiega – che non sono partecipativi è molto grave. Non aiuta la cultura della partecipazione e dà l’idea di una partecipazione sbagliata. Abbiamo visto una maggior partecipazione nella raccolta firme che nel percorso partecipativo promosso dal Comune: questo ci deve far interrogare sull’efficacia di quest’ultimo“.
Verso le mille firme (e oltre): come procede la petizione
Procede spedita la raccolta firme, promossa dalle 21 associazioni: nei punti di raccolta le persone fanno la fila per andare a firmare e molti moduli sono stati distribuiti, in attesa del conteggio finale. “Pensiamo di aver già superato le mille firme, ma vedendo questa grande partecipazione abbiamo pensato di continuare“, afferma la Roberti. Una volta che la raccolta sarà terminata, i portavoce delle associazioni le consegneranno al presidente del Consiglio Comunale, che dovrà calendarizzare una seduta consiliare o di commissioni aperta dove verranno discussi i punti della petizione.