“Parma è una città di grande cultura.” Quante volte abbiamo sentito questa frase? Quante volte ascoltando queste parole ci siamo sentiti orgogliosi di far parte di questo territorio? L’obiettivo di questa rubrica è rendere omaggio agli uomini e alle donne che hanno dato un contributo gigantesco per far sì che questa città diventasse un patrimonio culturale di portata mondiale, fino a farla diventare la Capitale della Cultura. Persone che hanno lasciato impronte fondamentali nella storia di Parma e d’Italia e che devono essere ricordate e raccontate per far sì che queste impronte diventino sempre più indelebili.

Arturo Toscanini: il “genio” della musica italiana

Arturo Toscanini nasce a Parma il 25 marzo del 1867. Il padre di Arturo, Claudio, combatté al fianco di Garibaldi nella celebre giornata di Aspromonte e per la sua partecipazione alla battaglia sarà condannato a morte, pena che sarà poi commutata in una pena detentiva di tre anni. La madre di Toscanini è una sarta. Il piccolo Arturo sviluppa fin da piccolo una forte passione per la musica, in modo particolare per le arie verdiane del “Rigoletto” e de “La Traviata” che il padre è solito cantare. Questo suo amore per la lirica però viene ignorato dalla famiglia: sarà infatti la maestra Vernoni l’artefice del suo ingresso nell’ambito musicale offrendo gratuitamente al giovane Toscanini lezioni di solfeggio e pianoforte.

A nove anni conquista una borsa di studio per la classe di violoncello del professor Carini al conservatorio di Parma. Tuttavia, la sua passione resta il pianoforte, che corre a suonare appena può. La sua bravura gli procura il soprannome di “genio” e “forbicione”. Toscanini si diploma nel 1885 e subito dopo parte per una tournée in Sud America. Durante una rappresentazione, il direttore dell’orchestra per cui suonava Arturo, Leopoldo Miguez, abbandona il podio per protesta verso l’indisciplina degli orchestrali italiani. Il sostituto, Carlo Superti, viene a talmente contestato che non riesce a proseguire. Su consiglio di alcuni colleghi, Arturo Toscanini prende la bacchetta per dirigere l’orchestra a soli diciannove anni, ed è un trionfo.

Tornato in Italia, riesce a farsi scritturare come secondo violoncello alla rappresentazione scaligera dell’“Otello” di Giuseppe Verdi, suscitando le simpatie e la stima del grande compositore. Nel 1892 dirige la prima di “Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo al Teatro Dal Verme di Milano. Viene nominato direttore artistico del Teatro Regio di Torino nel 1895 e inaugura la stagione con “La Bohéme” di Giacomo Puccini. Tre anni più tardi, nel 1898, sempre a Torino, sposa Carla De Martini. La coppia avrà 4 figli: Walter, Wally, elemento importante della Resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale, Giorgio, morto a 5 anni di difterite, e Wanda, che diventerà la moglie del celebre pianista russo-ucraino Vladimir Horowitz.

La direzione della Scala e l’antifascismo

A soli 31 anni, Toscanini diventa direttore del Teatro alla Scala di Milano, dove pretende una rivoluzione dei costumi e delle abitudini: niente richiesta del bis, ingresso vietato ai ritardatari e niente cappello in sala per le signore. Le sue innovazioni, mirate a mettere al centro la musica e non le pretese del pubblico borghese, gli valgono l’appellativo di “campagnolo”, ma risulteranno poi essenziali per apprezzare al meglio l’opera. Arturo Toscanini diventa presto un direttore di prestigio internazionale, e, dal 1908 al 1914, dirige il Metropolitan di New York, dove vengono messe in scena il “Falstaff” e la “Traviata” di Giuseppe Verdi, e “La fanciulla del West” di Giacomo Puccini, interpretata dal grande tenore Enrico Caruso.

Il ricordo di Toscanini è legato anche alle sue forti posizioni politiche: fin da subito si oppose al regime fascista di Benito Mussolini e, nonostante la grande amicizia che lo legava a Giacomo Puccini, si rifiutò di dirigere la “Turandot” con la presenza in sala, alla Scala, del Duce. Nel 1931 il Parmigiano fu protagonista di un episodio analogo: informato della presenza in sala del ministro Costanzo Ciano (padre di Galeazzo), al Teatro Comunale di Bologna, si rifiuta di eseguire “Giovinezza”. All’uscita dal Teatro, Toscanini venne preso a schiaffi da un fascista e in seguito a questo episodio decide di non dirigere altre orchestre italiane fino a quando ci sarà il fascismo. Abbandona così l’Italia per gli Stati Uniti, in cui viene fondata la NBC Symphony Orchestra che dirige fino al 1954. Durante la seconda guerra mondiale organizza molte raccolte fondi per i militari statunitensi e modifica l’“Inno delle Nazioni” di Giuseppe Verdi in chiave antifascista.

Torna in Italia nel dopoguerra per assumere nuovamente la direzione del Teatro alla Scala ricostruito dopo i bombardamenti, e vi dirige il “Nabucco”, e il “Te deum” di Giuseppe Verdi, ma la sua casa rimarranno gli Stati Uniti dove vivrà fino alla fine dei suoi giorni con la moglie. Il 5 dicembre 1949 viene nominato, dal Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, senatore a vita per meriti artistici, ma decide di rinunciare alla carica il giorno successivo. Si ritira dalle scene a 87 anni dirigendo un concerto dedicato a Richard WagnerArturo Toscanini si spegne a 90 anni nella sua casa di Riverdale nel Bronx (New York City), il 16 gennaio 1957. Un autentico genio della musica, uno dei più grandi direttori d’orchestra di sempre e simbolo della cultura italiana nel mondo: per questo e per molto altro Arturo Toscanini è un orgoglio e un vanto che Parma deve custodire in eterno.

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