Sempre più frequentemente viene riconosciuto dalla Legge il valore del rapporto tra animale e padrone; come ottenere il risarcimento in caso di danni al proprio cucciolo?

Avv. Elena Alfieri – avvalfieri.elena@libero.it – DUE CHIACCHIERE CON L’AVVOCATO

AMICI A QUATTRO ZAMPE | La risarcibilità del danno non patrimoniale per la perdita del proprio animale era stata respinta dalle Cassazione, la quale lo aveva ritenuto risarcibile solo in presenza della lesione di un diritto inviolabile della persona concretamente individuato. Ultimamente invece, assistiamo ad un cambiamento di rotta, con diversi giudici che riconoscono il danno da perdita del nostro amico a quattro zampe.

Feriscono il tuo amico a quattro zampe? Puoi chiedere i danni | Due chiacchiere con l'AvvocatoÈ indubbio che, rispetto a una decina di anni fa, si sia rafforzato nella visione della comunità il bisogno di tutela di un legame che è diventato più forte tra cane e padrone, cosicché non possa considerarsi come futile la perdita dell’animale e, in determinate condizioni, quando il legame affettivo è particolarmente intenso così da far ritenere che la perdita vada a ledere la sfera emotivo-interiore del o dei padroni, il danno vada risarcito. Quello che è stato recepito, infatti, è il mutare della sensibilità collettiva tanto da delineare per l’animale d’affezione uno statuto differenziato, improntato alla logica del rispetto dovuto ad un essere senziente e alla peculiare relazione con esso instaurata dall’uomo. L’obiettiva importanza sociale e culturale assunta dagli animali domestici, spesso considerati alla stregua di membri del nucleo familiare, rende di fatto inaccettabile il diniego dello strumento risarcitorio per il pregiudizio non patrimoniale, poiché una tale soluzione lascerebbe privo di tutela un interesse costituzionalmente rilevante.

Il legame con il nostro animale è difeso dalla Costituzione: si tratta di “un interesse della persona umana alla conservazione di una sfera di integrità affettiva

Feriscono il tuo amico a quattro zampe? Puoi chiedere i danni | Due chiacchiere con l'AvvocatoSi è così sostenuto che la rottura del legame del danneggiato col proprio animale domestico sarebbe coincisa con la “lesione di un interesse della persona umana alla conservazione di una sfera di integrità affettiva costituzionalmente protetta“. È un dato di fatto che, in molte circostanze, il legame instauratosi tra animale e “padrone” assuma una tale importanza nella vita di quest’ultimo da far sì che la sua recisione determini uno sconvolgimento radicale nella vita della persona, trovatasi magari priva dell’ultimo centro di affetti restatole (si pensi alla vecchia signora rimasta sola, che trova l’unica compagnia nel cane o nel gatto fidato) oppure di un ausilio indispensabile per condurre un minimum di vita di relazione (tale può essere il caso del cieco, per il quale il cane-guida costituisce il tramite con un’ampia porzione della realtà esterna).

Come quantificare il danno? Vediamolo nel dettaglio con alcuni esempi

E’ sicuramente consigliabile, a seguito della morte del nostro amico a quattro zampe, farsi accertare il grave stato di turbamento con una perizia medico-psicologica; questa perizia potrà essere la base per quantificare il danno subito e quantomeno spingere il giudice a nominare un CTU al fine della effettiva quantificazione del danno non patrimoniale subito.

  • la morte di un cane, ucciso mentre si trova all’interno di un terreno di proprietà degli attori, da un colpo di fucile proveniente da oltre la recinzione del fondo: il giudice civile, liberamente valutando le prove raccolte nel giudizio penale (pur conclusosi con l’assoluzione dell’imputato dal delitto ex art. 544 bis c.p., per difetto di dolo) e considerando accertata la colpa del cacciatore convenuto, ritiene sussistente la responsabilità aquiliana di quest’ultimo e lo condanna a risarcire il danno cagionato. A tal proposito, mentre viene esclusa la stessa configurabilità di un pregiudizio patrimoniale, “perché un cucciolo di cane meticcio nato in casa e senza alcun valore commerciale non può aver cagionato una perdita economica ai suoi padroni”, si riconosce il pregiudizio non patrimoniale, affermando che “nel caso di specie si è in presenza di un danno non patrimoniale conseguente alla lesione di un interesse della persona umana alla conservazione di una sfera di integrità affettiva costituzionalmente protetta”.(Trib. Pavia, sez. III civile, 16 settembre 2016, n. 1266);
  • la Corte d’Appello di Roma ha recentemente condannato un veterinario al risarcimento del danno morale, oltreché di quello patrimoniale, per avere causato con una sua condotta negligente la morte di un cane. Secondo quanto emerso dalla documentazione prodotta in giudizio, comprendente anche l’esame autoptico sull’animale, il cane sarebbe deceduto in seguito all’ingestione di un osso che avrebbe causato una occlusione dell’esofago con lacerazione dei tessuti e con un conseguente versamento di liquido. Una circostanza, questa, che avrebbe potuto essere accertata con l’ausilio di esami clinici di routine, se il veterinario non avesse sbagliato diagnosi e successivamente non fosse stato in grado di correggere l’errore (Corte d’Appello di Roma, 27 marzo 2015).

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