Tutto quello che occorre sapere sull’azione di accertamento giudiziale della paternità e gli obblighi del padre di mantenimento del figlio accertato

Avv. Elena Alfieri – avvalfieri.elena@libero.it – DUE CHIACCHIERE CON L’AVVOCATO

DUE CHIACCHIERE CON L’AVVOCATO | Se il padre si rifiuta di riconoscere il proprio figlio la madre o il figlio possono agire in tribunale per ottenere una sentenza di accertamento della paternità: in buona sostanza la pronuncia del giudice comporta essa stessa il riconoscimento e ha gli stessi effetti di tale dichiarazione, senza il consenso del padre.

Questo perché il riconoscimento del figlio è un atto dovuto dal genitore e, anzi, se omesso, legittima i figli ad agire contro di quest’ultimo per il risarcimento del danno, anche dopo molti anni dalla nascita e una volta divenuti maggiorenni. La procedura di accertamento giudiziale di paternità può essere avviata anche nei confronti degli eredi del presunto padre deceduto, entro due anni dalla  morte di quest’ultimo, onde ottenere il riconoscimento dei diritti ereditari in capo ai figli legittimi.

Se il padre si rifiuta di riconoscere il figlio, il riconoscimento giudiziale può avvenire tramite l’esame di DNA ordinato dal giudice nel corso della causa; per ovvi motivi, non si può obbligare materialmente l’uomo a subire il prelievo del sangue, tuttavia – secondo l’orientamento ormai stabile della Cassazione – il rifiuto non giustificato dell’uomo a sottoporsi al test costituisce un comportamento tale da poter dedurre, da esso, il tacito riconoscimento della paternità. In sintesi, basta il semplice rifiuto a sottoporsi all’esame del DNA per far dichiarare, al giudice, la paternità e il cosiddetto rapporto di filiazione, e risulta pertanto inutile per l’uomo (se non addirittura controproducente) non collaborare pienamente all’accertamento giudiziale della paternità.

Con il riconoscimento della paternità da parte del giudice sorge l’obbligo per il padre di mantenere, assistere e crescere i figli, partecipando alle spese a ciò necessarie, insieme alla madre e in relazione alle rispettive capacità economiche.

L’azione è imprescrittibile riguardo al figlio e ciò significa che può essere promossa senza alcun limite di tempo

L’azione può essere esercitata se ricorrono tutte le seguenti condizioni: se il figlio è nato fuori dal matrimonio; se il figlio non è stato riconosciuto da uno o da entrambi i genitori. Se il figlio è minore o interdetto l’azione è proposta, nel suo interesse, rispettivamente dal genitore che esercita la responsabilità genitoriale o dal tutore previa autorizzazione del giudice. Inoltre, ciò è possibile se il figlio muore dopo aver intrapreso l’azione, con questa che può essere proseguita dai discendenti, o prima di aver iniziato l’azione, con questa può essere promossa dai suoi discendenti entro due anni dalla sua morte.

La prova della paternità e della maternità può essere data con ogni mezzo. La maternità è dimostrata provando l’identità di colui che si pretende essere figlio e di colui che fu partorito dalla donna, la quale si assume essere madre. Come detto, però, la prova principale è il test del DNA al quale il padre non può rifiutarsi senza giusta causa: il suo diniego è interpretabile come una tacita ammissione della paternità.

La sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all’epoca del concepimento non costituiscono prova della paternità. Se il tribunale accerta la fondatezza della domanda, emette una sentenza che produce gli effetti del riconoscimento: in pratica, si verifica ciò che si sarebbe verificato se il padre spontaneamente avesse riconosciuto il figlio.

La sentenza dichiarativa della filiazione naturale, infatti, produce gli effetti del riconoscimento da cui conseguono tutti i doveri propri della procreazione legittima tra i quali l’obbligo di mantenimento. La relativa obbligazione si collega allo status genitoriale e assume decorrenza dalla nascita del figlio, con la conseguenza che l’altro genitore, il quale nel frattempo ha sostenuto l’onere di mantenimento anche per la porzione di pertinenza del figlio dichiarato giudizialmente, ha diritto di regresso per la corrispondente quota. Il giudice può, infine, adottare provvedimenti che ritiene utili per l’affidamento, l’istruzione e l’educazione del figlio.

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