La pieve di San Geminiano racchiude una serie di “chicche” imperdibili; Vicofertile, frazione di Parma, ospita questa struttura semplice ma molto affascinante

@FrancescoGallina

All’incrocio di strade che portano ancora i segni della centuriazione romana, sorge davanti a un sagrato di ghiaia la Pieve di San Geminiano a Vicofertile. La facciata è semplice, ma la tiepida luce del sole mette in risalto un gioco chiaroscurale: il fregio ad archetti e l’alternanza di lesene corrono lungo tutto il perimetro, fino agli absidi. Da sola, la facciata racconta di una pieve altomedievale che ha subito una serie di modifiche successive; già a partire dagli inizi del secolo XIII, ma non solo: l’oculo centrale, per esempio, risale al ‘300.

Un interno di “tesori: il fonte battesimale in marmo cipollino e i capitelli delle colonne

Ma è l’interno a schiuderci alcune imperdibili curiosità. La prima è il fonte battesimale in marmo cipollino. Marmo pregiato, che gli antichi romani iniziarono a importare dalla Grecia, a partire dal I secolo a.C. Marmo unico nella sua varietà, perché proveniente esclusivamente dalle cave dell’isola di Eubea, tra Karystos e Stira. Vi è raffigurato un diacono con croce astile e turibolo (il vaso in cui si brucia l’incenso), due chierici che reggono un cero acceso e un sacerdote che con una mano benedice e con l’altra tiene il Vangelo aperto, sostenuto da un suo coadiutore.

La seconda chicca è rappresentata dai capitelli delle colonne che partiscono lo spazio in tre navate. Colonne composte da fasce di mattoni e di pietre. Concentriamoci sugli altorilievi dei capitelli, di non particolare raffinatezza – insomma, non di mano dell’Antelami -, ma comunque degni di interesse. Scorgiamo allora tralci di vite sul primo capitello a sinistra, mentre su quello a destra i tralci sono privi di foglie e frutti. Segue una scena di tentazione, con un demone dalle fattezze feline che tenta un uomo e una donna. Particolarmente sibillino il capitello che raffigura una sequenza di uccelli che tengono nel becco un grappolo d’uva, così come quello che vede un uomo fuggire dalle fauci di un drago.

Scene turbolente – un arciere contro un mostro, un animale che divora una serpe – si alternano a scene di più idilliache, come la rappresentazione di una coppia di sposi e di amati che si abbracciano teneramente. Tutto nella norma, se non fosse per quella figura d’uomo che espone in bella vista genitali e membro virile. Lo spettatore si sconcerterà per un attimo ma, uscendo, non potrà pensare che le pievi sono posti noiosi.

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