Abbandono degli animali, l'attività della sede Enpa di Parma per gestire le emergenze del territorio | INTERVISTA

Il fenomeno dell’abbandono degli animali domestici torna di grande attualità all’inizio di ogni estate: le persone vanno in vacanza, progettano le ferie, e il cane di casa si trasforma in peso. Bisogna però fare attenzione per non cadere in una sbrigativa generalizzazione, e pensare che l’unico motivo dell’abbandono dei cani sia dovuto alle partenze per il mare o per la montagna e che il fenomeno sia circoscritto alla stagione più calda. Di recente, inoltre, è balzato alla cronaca anche un dato emerso da un’inchiesta di Facile.it e EMG Different, che afferma che 117 mila proprietari hanno restituito il proprio cane adottato durante i mesi di lockdown dovuti alla pandemia. Ci sarebbe quindi stato un aumento di abbandoni anche in riferimento al periodo appena trascorso, seguito da una profonda crisi economica che tutti stiamo attraversando.

Per cercare di fare ordine tra le notizie più recenti e questo fenomeno che di fatto fonda le sue radici in un serio problema sociale, abbiamo chiesto a Lella Gialdi, Presidente della sezione ENPA (Ente nazionale protezione animali) di Parma, le cause che portano le famiglie ad abbandonare i propri animali domestici o a restituirli dopo qualche tempo dall’adozione, la cosiddetta rinuncia di proprietà o fenomeno del “secondo abbandono”. Enpa è molto attiva sul territorio, con un nucleo di guardie zoofile pronte ad intervenire con sequestri o per valutare eventuali azioni di maltrattamento degli animali. Come spiega Gialdi: “Siamo tutti volontari e volontarie, ci occupiamo di sensibilizzazione della popolazione e aiutiamo le persone nei loro rapporti con gli animali. Recuperiamo anche qualche gatto e ci occupiamo delle adozioni. Ma ci sono continue emergenze“.

Quale emergenza più grave state affrontando in questo periodo?

In particolare in questo periodo ci siamo dovuti occupare dell’abbandono dei conigli, che sta diventando un fenomeno sempre più massiccio. Si acquistano perché sono tanto bellini, ma non si sa che la loro gestione è molto più complessa di quella di un gatto. Se va bene le persone ci affidano l’animaletto chiedendo aiuto, ma se va male lo abbandonano in natura. Dal nostro punto di vista però, catturare un coniglio non è facile: sono animali delicati e il coniglio nano abituato a una certa alimentazione e una certa vita non supera le difficoltà della vita e va incontro a morte certa. Bisogna considerare poi che sono animali che si moltiplicano facilmente e c’è il rischio che si creino colonie di conigli. Il nostro lavoro è molto impegnativo in questo campo.

Che cos’è la rinuncia di proprietà di un animale e con quale frequenza avviene?

La rinuncia di proprietà, o secondo abbandono, è un problema che sta prendendo piede con più frequenza in questo ultimo periodo. Si tratta di famiglie che dopo aver tenuto un animale domestico si rendono conto che non possono più tenerlo e decidono di restituirlo. Noi di Enpa a livello nazionale abbiamo fatto un sondaggio presso le duecento sedi in Italia, per vedere quale sia l’effettiva situazione. È emerso che in un anno si è passati dal 17% al 30%: è indice di un problema molto grosso.

Quali sono le cause della rinuncia di proprietà?

Con il sondaggio di Enpa si è cercato anche di capire le cause del fenomeno. Sono delle più disparate: decesso del proprietario e mancanza di farsi carico dell’animale da parte di familiari o eredi, ricoveri ospedalieri, ricoveri di anziani in case di riposo, perdita del lavoro (e quindi problemi economici), separazioni e ritorno di un componente nella famiglia d’origine, oppure in generale cambiamento del nucleo familiare, come nuovi compagni o nascite. Sull’arrivare di un bambino bisogna spendere qualche parola: l’animale è un membro della famiglia, e la nascita di un bambino non deve andare a toccare l’animale che già è in casa; anzi un bambino con un animale in casa crescerà più equilibrato e sano. Talvolta ci contattano per portare indietro l’animale perché dicono che il bambino è allergico, ma senza la dimostrazione di un test apposito. È stato invece scientificamente dimostrato che un bambino che cresce con un animale ha la percentuale 100 volte più bassa di maturare un’allergia rispetto a un bambino che cresce senza animale. Quindi questo è un mito da sfatare.

Come gestite il fenomeno nella sede Enpa?

Le persone telefonano o ci scrivono per chiederci aiuto. Oppure lo scrivono sui social e vengono poi contattate da noi. Solitamente si chiede un colloquio per capire quanto di vero c’è nel problema, e dopo se non è possibile che l’animale venga destinato a qualche familiare, valutiamo ogni caso a sé. Per la tipologia di animale e per la singola situazione ogni colloquio è singolare. Il problema riguarda cani, gatti, conigli, criceti, uccellini… e ogni animale ha le sue esigenze. Bisogna ricordare che se ricevono amore e attenzione gli animali sanno adattarsi perfettamente. Quando c’è empatia nei confronti dell’animale, gli animali lo percepiscono, sanno le tue ansie, e percepiscono il tuo bisogno di affetto. Detto questo però non è sempre facile occuparsi di un animale che esce da una situazione di disagio e ricollocarlo in un altro contesto. Purtroppo queste rinunce di proprietà ci mettono in crisi, e non è facile in questo periodo di vita così complessa ed economicamente fragile trovare delle adozioni.

Come si può sensibilizzare la popolazione?

Facciamo campagne di volontariato, insieme ad altre associazioni, e soprattutto tanti giovani tra i 20 e 30 anni ci stanno aiutando. Vediamo quindi una sensibilità di base, ma andrebbe comunque potenziata. Per questo facciamo informazione con la pagina Facebook, e con la nostra mail siamo in contatto continuo con le persone. Detto questo però, noi non possiamo lavorare sempre e h24. Serve che i comuni e le Asl facciano incontri con la popolazione, perché venga percepito questo fenomeno come problema sociale.

Quello che è accaduto durante la pandemia, è che le persone hanno cercato compagnia in un animale optando per un’adozione, senza pensare che gestirlo quando si è in casa senza gli impegni quotidiani è diverso rispetto ad incastrare la gestione dell’animale con la routine. Il fenomeno del secondo abbandono, anche se si è verificato soprattutto in chi aveva l’animale da ben prima dello scoppio dell’emerga sanitaria, è un allarme che andrebbe ascoltato. Per questo è necessario fare un’attività quotidiana di informazione e sensibilizzazione.

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