mostra barricate

La mostra “Alle barricate! agosto 1922: la città, i protagonisti, la memoria”, celebra il centenario della rivolta popolare che riuscì a respingere l’attacco fascista dai quartieri popolari di Parma. Gli arditi del popolo, guidati da Guido Picelli, spinti dalla volontà di ribellarsi contro un’aggressione esterna, riuscirono con determinazione a sconfiggere Italo Balbo a capo delle squadre fasciste. La mostra racconta gli eventi da un punto di vista storico, incentrato sulla memoria dei luoghi e dei personaggi, tramite oggetti, fotografie, manifesti e dipinti, in una dimensione multimediale.

L’esposizione, promossa dalla Fondazione Cariparma, in collaborazione con il Centro Studi Movimenti, sarà visitabile a Palazzo Bossi Bocchi fino al 29 gennaio 2023. 

Per capire davvero gli eventi accaduti nell’agosto 1922 e cosa significano le barricate per i parmigiani, abbiamo parlato con William Gambetta, dottore di ricerca in storia presso l’Università di Parma e ricercatore del Centro Studi Movimenti di Parma, è inoltre curatore della mostra, assieme a Margherita Becchetti e Francesca Magri. 

Come nasce l’idea della mostra e come viene strutturata? 

L’idea della mostra nasce da una richiesta della Fondazione Cariparma di una collaborazione con il Centro Studi Movimenti in occasione del centenario delle barricate. Per focalizzare l’evento avvenuto nell’agosto del 1922, la mostra ricostruisce la città di cento anni fa. Nella prima sezione, infatti, viene mostrata Parma divisa in “città borghese” e “città popolare”, si racconta del ribellismo dell’Oltretorrente che caratterizzò il mondo dei lavoratori per molti decenni, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, e dello squadrismo fascista, debole in città, rispetto ad alcune zone della campagna, dove al contrario riesce a imporsi sulle organizzazioni operaie. In seguito si entra nel vivo della mostra, con una parte dedicata agli eventi, con una cronologia e una cartina dei luoghi che videro gli scontri di quelle giornate. Il visitatore può inoltre vedere alcune brevi videotestimonianze di ex arditi del popolo di Parma, intervistati nel 1982. La terza sala invece si focalizza su Armando Amoretti, giovane fotografo che, con 24 scatti, ha documentato quelle giornate nei borghi dell’Oltretorrente. La quarta sala è stata dedicata ai protagonisti, con le due principali figure di Guido Picelli, comandante della resistenza popolare e animatore degli arditi del popolo, e Italo Balbo, il principale ras dei circa 10 mila fascisti giunti a Parma. Essi vengono raccontati tramite oggetti, fotografie e documenti in una dimensione multimediale che caratterizza l’intera mostra. Nell’ultima sala si racconta dell’epilogo dei fatti di Parma con la marcia su Roma dell’ottobre 1922 e l’avvento del fascismo. Largo spazio è poi dedicato alla memoria delle Barricate, sia durante il regime mussoliniano che nell’Italia democratica dal 1945 ad oggi.

Quali sono le opere più significative e che meglio descrivono le barricate? 

L’episodio delle barricate è un episodio molto complesso. Penso dunque che ogni documento o oggetto possa essere significativo, dipende da che punto di vista il visitatore vuole affrontare l’argomento. Ad esempio, per capire gli anni di crisi del primo dopoguerra è necessario comprendere la lotta politica in relazione all’uso della violenza e della forza militare. In questo senso, le armi – come il moschetto modello 1891 – o il manganello di un fascista vicentino che abbiamo fatto arrivare dal Museo nazionale di Rovereto possono raccontarci molto di quel clima di scontro cruento. Da un punto di vista sociale molto interessanti sono le fotografie o le tessere sindacali e di partito del mondo dei lavoratori della Parma dei borghi. Da un punto di vista documentaristico invece, possono essere significative le fotografie e la macchina fotografica utilizzata da Armando Amoretti. Altrettanto importante, per quanto riguarda la memoria, sono i
quadri di Enrico Fereoli, i manifesti, i libri, i romanzi, i bozzetti del monumento alle Barricate di piazzale Rondani o quelli per il busto di Picelli. La multimedialità della mostra dà modo di soddisfare i propri interessi più disparati.

Quali aspetti si vogliono fare emergere nella mostra?

L’intenzione è quella di dare concretezza storica alle Barricate, agli eventi e ai personaggi, mostrando come quella cesura storica abbia modificato parte dell’identità collettiva della città. La mostra si apre con un video che racconta la storia della scritta sul lungoparma: “Balbo t’è pasè l’Atlantic mò miga la Perma”, che nasce negli anni Trenta come motto nelle osterie popolari per sbeffeggiare Italo Balbo e che viene poi effettivamente dipinta sul greto del torrente negli anni Cinquanta. Scomparsa successivamente per molto tempo, da diversi anni è ricomparsa e ogni volta che scolorisce viene ridipinta. Molti cittadini di Parma (e non solo di Parma), riscoprendo le Barricate del 1922, provano un forte moto di orgoglio per quelle lontane radici antifasciste e per quel ribellismo sociale di cento anni fa.

Quali sono stati i punti di maggior forza delle barricate parmigiane nello sconfiggere le squadre fasciste?

Le ragioni sono molteplici. Sicuramente la determinazione del popolo dei borghi a non cedere all’aggressione fascista. Ma al di là dello scontro con il fascismo, nell’agosto 1922, ancora una volta emerge lo spirito ribelle del popolo dei borghi, nella forma di una rivolta dal basso. Al centro delle
Barricate vi è il popolo
dei miserabili, degli ultimi. Un’altra ragione è che il fascismo non era ancora riuscito ad attecchire e a radicarsi a Parma città. Infine, non bisogna dimenticare l’atteggiamento delle autorità regie: il prefetto in particolare, per paura di una probabile degenerazione dello scontro in un bagno di sangue, assunse una posizione di neutralità tra i due fronti. Non fu così in molte altre città, dove
le autorità militari e statali fiancheggiarono o comunque non si opposero alle azioni squadriste.

 Qual è stato il ruolo delle donne dell’Oltretorrente? 

Fino ad oggi si era sempre posta l’attenzione sugli arditi del popolo, i fascisti e i loro comandanti, Picelli e Balbo in particolare. Ma dietro alle barricate stava un popolo intero, gli abitanti dei borghi. Non è semplice
recuperare la documentazione su chi partecipò alla rivolta, in particolar sulla sua parte femminile. All’epoca, infatti, la mentalità patriarcale considerava la donna incapace di autonomia e di avere una posizione ideologica e politica. Una mentalità comune soprattutto tra le forze di polizia. Per un investigatore una donna che partecipava a una rivolta, dunque, era stata traviata dal padre, o dal marito, o dal fratello. E siccome gran parte delle notizie sui rivoltosi le abbiamo dal controllo poliziesco,
ecco che le tracce della presenza delle donne sono estremamente flebili. Ma le donne c’erano eccome. Esse sono protagoniste, come da tradizione, nell’organizzazione dei lavori di cura ma erano anche attive
nello scontro armato. Questa esperienza collettiva di rivolta modificò poi notevolmente il loro ruolo nella società, soprattutto nelle donne più giovani.

Cosa significa e che valore ha questa mostra per i parmigiani?

Io credo che i valori e il significato non riguardano solo la mostra in quanto tale ma l’idea delle Barricate come episodio di antagonismo sociale. Il centenario delle Barricate ha mostrato come una parte
significativa della città ha recuperato l’agosto del 1922 come elemento della propria identità collettiva. E’ come se questa parte della città avesse riscoperto oggi la sua anima popolare.

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