Le segnalazioni della presenza di lupi sul nostro Appennino si fanno sempre più frequenti: i dati della Provincia di Parma ci dicono che negli ultimi tre mesi sono stati investiti sulle strade sette esemplari, mentre diverse segnalazioni di avvistamenti nei pressi delle abitazioni sono arrivate dai territori di Sala Baganza, Medesano e San Secondo. Un fenomeno, quello della presenza del lupo, che coinvolge direttamente tutta la Provincia di Parma, anche se un attenzione particolare va dedicata all’Appennino: nelle scorse settimane a Varsi si sono verificati tre episodi di predazione a danno di cani impegnati in azioni di caccia al cinghiale. La Provincia ha chiesto un intervento regionale urgente “per evitare che il ritorno del lupo, così come di altre specie, si traduca in conflitto e paura” anche alla luce del fatto che – come emerso dalle parole del delegato provinciale Cesari – “l’attitudine predatoria dei lupi sta seriamente condizionando lo svolgersi della normale attività di caccia, con pesanti ricadute anche sui risultati delle azioni di controllo della specie cinghiale previste dal Piano regionale“.
Per fare il punto sulla situazione, dando voce a chi il territorio (e il bosco) lo vive in prima persona più volte alla settimana, abbiamo intervistato Oscar Frattini, vice presidente della sezione provinciale della Federcaccia di Parma. “Non stiamo parlando di un fenomeno nuovo; è già da alcuni anni che stiamo assistendo – spiega – ad un aumento della popolazione dei lupi sul nostro territorio. Negli ultimi due anni la popolazione dei lupi è cresciuta in maniera importante e di conseguenza le azioni predatorie di questi animali sono più numerose, come capitato a Varsi“. Tra le mani il libro, che ci consiglia, “Lupi e Uomini” di Barry Lopez che contiene gli studi sulle abitudini dei lupi negli Stati Uniti “perchè qui un vero e proprio studio non è ancora stato fatto. Sono partiti i progetti Life, ma ci vorranno anni prima di conoscere il comportamento e le abitudini dei nostri lupi, che sono molto diversi da quelli degli altri stati. Qui il lupo agisce su un territorio antropizzato e quindi incide anche sull’attività umana“.
Partendo dall’episodio di Varsi, qual è la vostra percezione in merito alla presenza dei lupi sul nostro territorio?
La presenza dei lupi non è una novità, ma il fenomeno quest’anno è esploso. Già qualche anno fa c’era un lupo particolarmente aggressivo con i cani da caccia ad Albareto, poi quest’anno i fatti di Varsi hanno contribuito a dare luce mediatica al problema. Il lupo è un animale molto elusivo, ci si inizia ad accorgere della sua presenza quando vengono a mancare le sue prede classiche, come il capriolo e il cinghiale: è un predatore che caccia prevalentemente di notte, con una tecnica molto affinata e perfetta e nessuna delle popolazioni presenti nel bosco riesce a fermarlo o contenerlo. I cinghiali si stanno organizzando in branchi con molti esemplari, perchè è più facile proteggersi, ma si tratta solo di tempo perchè poi la fame del grande predatore arriverà ad avere la meglio anche lì. E, come è successo per altre specie, immagino che poi il lupo finite le prede nel bosco, cercherà altre fonti di alimentazione partendo dai cassonetti della spazzatura per poi arrivare nei cortili delle case.
Abbiamo notizie di avvistamenti di lupi in tutta la nostra Provincia, non solo in Appennino ma anche nella Bassa parmense. E’ chiaro che si tratta di una specie destinata a crescere, considerando che non c’è nessuno sopra di lui nella catena alimentare, per cui serve trovare una soluzione che abbia una visione sul medio-lungo termine. Faccio un conto molto semplice: se abbiamo cento lupi che producono ogni notte un’azione predatoria, per 365 giorni all’anno avremo circa 30mila azioni di caccia. Molti cacciatori, specialmente quelli che vanno al cinghiale, incontrano spesso i lupi: guardando avanti, se non si trova una soluzione, saremo di fronte ad un’emergenza ambientale e di biodiversità.
Un altra questione è quella che riguarda la diminuzione degli animali selvatici, in particolare i cinghiali: è una diminuzione che avete notato in alcune zone piuttosto che in altre? Può essere dovuta alla presenza del lupo o è da attribuire ad altre cause?
I dati dimostrano che i numeri dei cinghiali, in alcune aree dove il lupo ha operato in maniera pressochè stabile, sono molto diminuiti. Ovvio che la specie cerca sempre di riprodursi, ma con l’aumento della predazione si arriva ad un punto di collasso anche per una specie molto prolifera come il cinghiale. Tra l’altro c’è anche da considerare che la carne di selvaggina è anche quella che ha il minor impatto sull’ambiente in termini di inquinamento, quindi viene meno una risorsa che in altre Regioni – pensiamo al Trentino e al Veneto – viene invece valorizzata. La Regione Emilia Romagna aveva iniziato il processo di creazione di una filiera di carni di animali selvatici, ma ora c’è da fare i conti con la predazione e non si può non considerare il problema.
Durante le battute di caccia, avete degli strumenti per proteggere i vostri cani?
No, possiamo farci ben poco. Dobbiamo pensare che abbiamo a che fare con lupi di almeno 25kg, che esprimono la loro forza nel morso e che hanno la tendenza di aggredire al collo: in pochi secondi un cane viene soppresso. Se c’è l’uomo presente il lupo non si avvicina, ma qui parliamo di cani che si allontanano dal conduttore per inseguire lepri o cinghiali ed entrano nel range di caccia del lupo. I lupi hanno imparato che il cane si sbrana in poco tempo: più si abituano a questo, più lo insegneranno ai loro cuccioli e a quel punto non saranno più sicuri neanche i cani domestici.
Quali potrebbero essere le soluzioni per una miglior gestione della presenza del lupo sul nostro territorio?
A livello europeo ci sono Stati che sono già disposti a declassare il lupo da specie altamente protetta a specie protetta. Se ciò avverrà le Regioni potranno autorizzare piani di selezione e di prelievo controllato, anche se non sarà probabilmente sufficiente. Con le specie protette si va ad incidere solo sugli esemplari problematici, come ad esempio può essere il lupo di Varsi, e quindi la popolazione dei lupi continuerà a crescere. Come associazioni, già da qualche tempo stiamo sollevando il problema della massiccia presenza di questi predatori, ma quando lo diciamo non veniamo ascoltati perchè pensano che non vediamo l’ora di cacciarli. Noi siamo disponibili per studiare una gestione corretta ed equilibrata, prima che sia troppo tardi. Non ci erigiamo a scienziati conoscitori dei lupi, ma guardiamo i fatti e la realtà e la percezione è che tra due anni saremo in piena emergenza. E’ la nostra opinione, vedremo poi cosa diranno i fatti.
Ormai è una questione politica: le Regioni facciano pressione sul Governo, che deve agire in sede europea. Anche se, personalmente, temo che ormai sia tardi: prima che la politica adotti le azioni necessarie avremmo un danno faunistico talmente tale che sarà difficile porvi rimedio. Se non ci sono più prede e rimane solo la specie lupo, anche la caccia andrà a finire nel nulla.
Esistono dei gruppi di lavoro/tavoli di confronto dove partecipate anche come associazione e che si occupano di monitorare e gestire la presenza del lupo sul territorio? Se sì, qual è la vostra posizione e il vostro contributo?
Al momento no. La settimana prossima saremo a Bologna, in Regione, per preparare una bozza di progetto che mette a disposizione i nostri cacciatori per fare una raccolta di dati e capire, ad esempio, che incidenza ha il lupo sulla presenza degli ungulati. Servono dati certi, che non saranno certamente facili da produrre: alcuni già ci sono, gli avvistamenti, la diminuzione delle prede; e poi serviranno corsi per formare persone specializzate, come i cacciatori formati. Noi siamo disposti a fare la nostra parte, certo che si devono fidare di noi. La progettazione non dovrà guardare all’oggi, ma al futuro: dobbiamo domandarci, cosa succederà se non interveniamo?
Noi siamo molto preoccupati in prospettiva: cosa porta l’aumento esponenziale di questo predatore? Qualcuno se lo sta domandando? Va bene, noi non andremo più a caccia, ma sarà cambiato totalmente l’ecosistema e la biodiversità.
Come vi sentite di rispondere a chi dice che i cacciatori vogliono porsi al di sopra della catena alimentare, per competere il ruolo di predatore assoluto?
Nell’immaginario collettivo delle popolazioni indiane o del Nord Europa c’era quest’idea di competizione tra l’uomo e il lupo, ma stiamo parlando di immaginario collettivo. La situazione va vista diversamente: da non cacciatore io penserei che effettivamente il lupo viene visto come un competitor perchè si nutre delle stesse prede; ma – sempre da non cacciatore – penserei che se togliamo tutti i cacciatori, il lupo cosa fa? Se le prede venivano divise tra lupo e cacciatore, senza cacciatori il lupo avrà più prese quindi aumenterà la popolazione e l’ecosistema collasserà. Non dobbiamo guardare all’oggi, ma a come sarà la situazione in prospettiva. Dobbiamo partire dal presupposto che il lupo è al vertice della catena alimentare, sopra di lui c’è solo l’uomo: se lo si vuole regolare, l’intervento umano a livello di gestione è indispensabile.