Tutti in Italia hanno sentito parlare del Prosciutto di Parma come un’eccellenza del territorio emiliano, un prodotto e un marchio apprezzato e riconosciuto nello Stivale e nel mondo. Tuttavia, sono rari i settori dell’economia italiana non colpiti significativamente dal biennio pandemico, cui ha fatto seguito l’attuale crisi energetica, e nemmeno il Prosciutto di Parma è stato immune a queste avversità. Accanto a queste condizioni contingenti, inoltre, si profila la questione sempreverde della sostenibilità, e quindi della durabilità del comparto di produzione e distribuzione del Parma, sotto la tensione del binomio “tradizione e innovazione“.

Per far luce sullo stato dell’arte del settore, abbiamo intervistato Alessandro Utini, Presidente del Consorzio del Prosciutto di Parma, che meglio di chiunque altro ha potuto illustrarcene trend e obiettivi. Pur senza nascondere le difficoltà affrontate e ancora da superare, le sue parole ritraggono il Parma come “il prosciutto più conosciuto e consumato a livello globale“, forte del “legame inscindibile con la zona tipica di produzione“. Il Consorzio guarda dunque fiducioso alle sfide del futuro, con l’ottimismo di chi sa di poter intraprendere un percorso di rinnovamento affidandosi a un vasto bagaglio di tradizioni e conoscenze intergenerazionali.

Quali sono i segreti per ottenere un prodotto di questa qualità?

Il Prosciutto di Parma è uno dei prodotti più rappresentativi del Made in Italy. La sua unicità è legata al “saper fare” delle persone, che lo producono seguendo un rigido Disciplinare di produzione e sfruttando un patrimonio di tradizioni e conoscenze tramandate di generazione in generazione. Cosce di maiali allevati in 10 regioni italiane e sale sono gli unici ingredienti utilizzati nella lavorazione di questo alimento sano e naturale, privo di conservanti e additivi. Il legame inscindibile con la zona tipica di produzione – situata in un territorio circoscritto all’interno della provincia di Parma, posto 5km a sud della Via Emilia, esteso fino a 900m di altitudine, delimitato a est dal fiume Enza e a ovest dal torrente Stirone – fornisce condizioni climatiche che garantiscono la corretta stagionatura del prodotto e conferiscono al Prosciutto di Parma la sua inconfondibile dolcezza.

Quale impatto ha avuto il Covid-19 sul comparto di produzione del Prosciutto di Parma? La graduale riapertura ha segnato un ritorno alla normalità o il rincaro dell’energia rappresenta un salto dalla padella alla brace?

Il Covid-19 ha avuto un impatto rilevante sul nostro comparto, con una netta contrazione di vendite soprattutto legate al canale della ristorazione e dell’ospitalità alberghiera. Il 10% perso a livello produttivo è stato gradualmente recuperato, nonostante un pieno ritorno ai livelli pre-pandemici debba ancora realizzarsi. Se a tre anni dall’inizio dell’emergenza sanitaria il mercato è tornato ad assumere la sua struttura pienamente diversificata, i costi gravosi sostenuti dalle nostre aziende in termini di energia, materie prime, trasporti sono ora un problema più che mai attuale: gli ultimi 12 mesi hanno delineato un contesto politico e macroeconomico del tutto inaspettato, con una dinamica dei prezzi che ha un impatto diretto sui consumatori e sulle loro decisioni e possibilità di spesa.   

Come Consorzio, quali tendenze avete osservato negli ultimi anni riguardo al mercato del Prosciutto di Parma in Italia e all’estero? La pandemia ha accelerato trend già preesistenti, ne ha rallentati altri o è stata piuttosto una parentesi che, come si è aperta, si è poi chiusa? 

Le tendenze registrate negli ultimi anni si pongono sulla scia delle abitudini d’acquisto imposte dal Covid. L’emergenza sanitaria ha accelerato alcuni trend, producendo cambiamenti che si sono confermati anche nel post-pandemia. Il più evidente è lo spostamento degli equilibri tra la vendita al banco taglio e il prodotto preconfezionato: nonostante le vendite di quest’ultimo stiano subendo una fisiologica flessione, i dati del preaffettato sono comunque superiori a quelli registrati nel 2019, confermando che i clienti si sono mantenuti particolarmente sensibili verso questa soluzione d’acquisto. Da sottolineare poi il graduale spostamento delle attenzioni del consumatore verso requisiti inderogabili, come la naturalità e la sostenibilità del prodotto.

Dobbiamo infine rilevare un aspetto legato al quadro congiunturale attuale: gli aumenti dei prezzi stanno spostando il cliente verso salumi più economici sia in Italia che all’estero, creando una situazione particolarmente sfidante, che stiamo affrontando puntando sulla valorizzazione e sulla distintività del prodotto.

Alessandro Utini, Presidente del Consorzio

Il pata negra è ancora considerato il prosciutto crudo numero uno al mondo. Come Consorzio, che strategia state implementando per la distribuzione del Parma all’estero visti i numerosi competitori? In quanto prodotto d’eccellenza, il Vostro prodotto rimane limitato all’alta cucina o è apprezzato e diffuso anche presso il grande pubblico internazionale?

Il primato del pata negra è relativo al suo posizionamento di prezzo, che lo qualifica come il salume più costoso sul mercato. Non si può tuttavia affermare che sia anche quello con la maggior riconoscibilità e diffusione, alla luce di volumi di vendita molto contenuti. Il Parma è il prosciutto più conosciuto e consumato a livello globale, con caratteristiche qualitative che lo rendono un marchio unico e perfettamente riconoscibile tra tutti i suoi competitors. L’obiettivo del Consorzio è quello di mantenere un corretto posizionamento e un equilibrio proficuo tra prezzo e vendite.

Parlando di export, i mercati esteri – Francia, Germania, Regno Unito i più forti, col ruolo di leader che spetta agli USA – assorbono ad oggi circa un terzo della produzione, e rappresentano dunque uno sbocco imprescindibile e diversificato, ancor più importante in situazioni complesse come quella attuale. In un’ottica di ampio respiro, l’obiettivo è sicuramente quello di sviluppare e consolidare ulteriormente il presidio del Parma fuori dai confini domestici, dove la clientela internazionale ne apprezza l’unicità e versatilità, in una dinamica dei consumi variegata che non si limita all’alta cucina.

Vi sono tentativi di uso scorretto o appropriazione indebita della denominazione? Se sì, quanto esteso e impattante è il fenomeno, e come intervenite per tutelare la denominazione?

La tutela della denominazione rientra tra le funzioni ricoperte dal Consorzio per salvaguardare la DOP. Ciò che si riscontra sia sul mercato domestico che su quello internazionale è il tentativo da parte di prodotti generici, esterni al circuito del Prosciutto di Parma, di evocarne la denominazione, con lo scopo di beneficiare della sua notorietà, traendone un vantaggio di tipo commerciale. Si segnala che l’intervento svolto dal Consorzio attraverso l’attività del personale interno di vigilanza, con il supporto delle autorità pubbliche competenti, sta contenendo notevolmente la portata di questo fenomeno. Il monitoraggio costante sia dei punti vendita fisici che dei mercati digitali, tanto in Italia quanto all’estero, garantisce importanti risultati nella protezione della DOP, con un deciso contenimento di comportamenti illegittimi in termini di evocazione e contraffazione.

È compito del Consorzio assicurarsi che gli allevatori che forniscono le materie prime rispettino le condizioni di benessere per gli animali citate nel Disciplinare? Ha la capacità e l’autorità per intervenire in casi d’irregolarità?

Il CSQA, in quanto ente di certificazione esterno, incaricato di svolgere i controlli lungo la filiera della nostra DOP, ha tra i suoi compiti quello di vigilare sul fatto che la materia prima utilizzata soddisfi i requisiti espressi nel Disciplinare, intervenendo sul processo produttivo nel caso si verifichino inadempienze rispetto a quanto prescritto. Le Ausl operanti sul territorio hanno specifica competenza nella verifica del rispetto delle normative sul benessere animale. Per quanto riguarda l’attività portata avanti dal Consorzio in questo ambito, si sottolinea un importante progetto intrapreso da circa due anni insieme al Centro Ricerche Produzioni Animali di Reggio Emilia.

Ampliando il respiro dell’ultima domanda, nessuna azienda di successo può esimersi dall’affrontare il discorso della sostenibilità. In che modo il Consorzio aiuterà le proprie aziende in questo senso? Vi sono progetti per garantire la continuità del comparto attraverso la formazione e l’assunzione di giovani professionisti? 

Attualmente stiamo portando avanti un progetto per la transizione ecologica delle aziende del nostro comparto insieme al Politecnico di Milano, mentre con la Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari (SSICA) abbiamo condotto una ricerca che ha individuato materiali riciclati e/o riciclabili per il packaging del preaffettato. Ecco soltanto due esempi delle nostre recenti attività, che ci convincono dell’importanza di portare avanti un discorso sulla sostenibilità articolato e puntuale, che coniughi la tradizione in cui ci rispecchiamo con un’innovazione necessaria, che risponda alle attuali problematiche.

Inoltre è in corso d’opera la realizzazione a Langhirano dell’Academy del Prosciutto di Parma, un laboratorio territoriale con scopo formativo che farà incontrare il mondo della scuola, quello della formazione professionale e dell’impresa, per dare continuità al nostro comparto e garantire figure professionali qualificate anche tra le giovani generazioni, in un’ottica di sostenibilità sociale.

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