Parma e il Parmense hanno un tessuto economico fatto di piccole e grandi imprese che si sono distinte a livello internazionale in materia di “diversity” ed “inclusion”, ma di strutture pubbliche che non le supporta adeguatamente soprattutto nell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità. A livello provinciale l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro non funziona minimamente bene. Ciò comporta il parcheggio per molti anni della persona con disabilità al centro per l’impiego senza mai trovare lavoro e, di conseguenza, con la “vecchiaia” e la poca esperienza il profilo della persona con disabilità viene scartato dalle aziende.

Nel Parmense la confusione poi regna sovrana perché a seconda del fondo competente l’inserimento lavorativo viene fatto da due enti diversi e in uno di questi se vai a chiedere lavoro un orientatore fà un gesto più che apprezzabile: ti dà un elenco incompleto di siti su cui cercare lavoro a cui tu puoi però essere iscritto anche da 10 anni senza trovare però nulla e ti dice pure bravo se te lo cerchi da solo.

Un altro motivo per cui le aziende potrebbero scartare il profilo della persona e l’avere esperienze durate pochi mesi (3, 6 o 12) senza mai concentrarsi su un’unica mansione. Quindi non impararla a fondo è il vulnus dei tirocini che ti fanno eseguire: tante mansioni ma non ne impari mai una così bene da specializzarti e da essere poi spendibile in altri luoghi di lavoro.

Un altro problema è la non unione dei fondi regionali e nazionali a sostegno dell’inserimento lavorativo: se una persona con disabilità si iscrive al progetto gol (Garanzia occupabilità e lavoro) perde automaticamente l’iscrizione al FRD Fondo Regionale per la Disabilità.

Non è che se uno sceglie volontariamente di avere un’opportunità che non gli è mai stata data, con l’FRD debba rinunciare a quel fondo per usufruirne di un altro, siamo persone con disabilità e abbiamo bisogno d’aiuto per integrarci anche lavorativamente parlando.

Altro gravoso problema è la transizione scuola, università e lavoro, anche questa afflitta da un grave problema con il pubblico che non indirizza minimamente la persona al lavoro secondo i propri studi e paradossalmente chi studia di più è più penalizzato perché i lavori proposti sono sempre per persone con un basso livello di studio.

Ulteriore vulnus è la presenza o l’assenza di patente di guida e chi non è in possesso di quest’ultima può non venire aiutato dai servizi se non ha il comma 3 della 104, quindi deve trovare o un lavoro vicino casa o un lavoro raggiungibile coi mezzi. Si dice poi alle persone con disabilità di fare i concorsi pubblici, ma poi se li vincono e non vengono chiamati perché in molte realtà nel pubblico non si vuole ottemperare in molti casi.

Ci sarebbe da riformare sensibilizzando il privato ma soprattutto il pubblico all’inclusione di persone con disabilità sul luogo di lavoro non solo con figure come il Disabilty manager ma anche con strutture come l’Osservatorio aziendale per le persone con disabilità che è un organo collegiale formato dai rappresentanti dei lavoratori, dal RSPP, dal Medico competente e da esperti interni o esterni alle aziende. La struttura “Osservatorio” avrà il compito di monitorare costantemente il percorso formativo e di integrazione dei singoli lavoratori e lavoratrici con disabilità per identificare le cause che ne impediscano eventualmente la piena valorizzazione professionale e la produttività, indicando gli interventi mirati al superamento delle stesse.   

L’Osservatorio aziendale si pone quindi come la vera risposta a tutte le esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici che, con l’individualizzazione dell’intervento, potrebbero farsi applicare un trattamento diversificato per conciliare le loro esigenze di cura, vita e lavoro.

Matteo Menozzi 

Responsabile Politiche della Disabilità Ugl Parma