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Lupi in Appennino, il WAC: “Non sono una minaccia, ma lo sconosciuto fa paura”

Con la Convenzione di Berna del 1979, il lupo è diventato definitivamente una specie “altamente…

Con la Convenzione di Berna del 1979, il lupo è diventato definitivamente una specie “altamente protetta” su tutto il territorio europeo. Tale protezione ha contribuito significativamente alla ripresa demografica e geografica del lupo negli ultimi decenni. In Italia, l’ISPRA stima la popolazione del lupo pari a 3.307 individui (con una forchetta di 2.945 – 3.608), di cui la maggior parte (2388) nella zona delle regioni dell’Italia peninsulare e appenninica. A livello locale, la consapevolezza della necessità di una adeguata gestione delle problematiche inerenti la presenza del lupo, ha portato il Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano ad istituire un centro permanente di riferimento per la gestione del lupo su scala interregionale denominato Wolf Apennine Center (WAC).

Il WAC del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, da circa una ventina d’anni, si occupa di attività come il monitoraggio, la prevenzione dai danni da lupo, la salvaguardia della biodiversità e grazie alla presenza di un veterinario specializzato al recupero degli individui feriti. I progetti messi in atto sono soprattutto progetti “Life natura”, ossia progetti che la Comunità Europea finanzia per la conservazione di alcune specie di interesse comunitario, tra cui il lupo ma non solo. Ultimamente è partito un grande progetto di ricerca con l’Università la Sapienza di Roma, che ha come obiettivo principale studiare nei prossimi tre anni il fenomeno dell’ibridazione lupo cane, una delle principali minacce per la conservazione del lupo in quanto mette in pericolo il patrimonio genetico che ha permesso al lupo di sopravvivere. Di questo e altri argomenti relativi al lupo ne abbiamo parlato con il tecnico faunistico Luigi Molinari, esperto del Wolf Apennine Center. “Il fenomeno del lupo è un fenomeno complesso, non solo a livello locale ma anche europeo. I grandi carnivori – spiega Molinari – stanno aumentando la loro presenza grazie a motivazioni soprattutto di tipo socio-economico, ma anche culturale. I lupi nell’Appennino parmense sono tornati da almeno 25 anni“.

Le fake news sul lupo: dal ripopolamento antropico alla fuga degli animali selvatici

Nelle ultime settimane episodi di predazione da parte del lupo nei paesi del nostro Appennino, hanno dato vita ad una serie di “diatribe” sulla presenza di questo predatore nel nostro territorio. Parlando di lupo è sempre fondamentale avere una formazione specifica sull’argomento, in quanto la diffusione di false notizie o credenze può alimentare la paura nelle persone “questo non perchè il lupo sia una vera minaccia, ma perchè è un animale sconosciuto e lo sconosciuto fa paura“.

Abbiamo cercato, insieme a Molinari, di fare chiarezza sulle principali “fake“, di cui si sente spesso parlare anche nel nostro Appennino: la reintroduzione antropica del lupo e la fuga degli animali selvatici dovuta ad una presenza incontrollata di questo predatore. “La bufala della reintroduzione dei lupi è una delle maggiori – spiega Molinari – l’unico progetto noto di reintroduzione è quello avvenuto negli Stati Uniti, nel Parco di Yellowstone, a metà degli anni Novanta. Ad oggi la popolazione dei lupi è in continuo ricambio e la maggior parte degli esemplari ha meno di 2 anni: i giovani esemplari in uscita dal branco si disperdano in migliaia di chilometri, facendo grandi spostamenti in poco tempo“. La dispersione è un comportamento caratteristico della specie ed è un processo dinamico e graduale nel quale i giovani abbandonano il branco d’origine e il territorio stabile su cui insiste, per andare in cerca di un nuovo territorio, espandendo così la popolazione del lupo a livello demografico e geografico.

In merito, invece, alla fuga degli animali selvatici dai territori montani, Molinari spiega: “E’ solo percezione. In Italia non viene impiegata attualmente una metodologia efficiente per contare i cinghiali, che possono aumentare e diminuire per tantissime ragioni come il prelievo venatorio, ma anche ragioni ambientali o a causa di patologie come peste suina, che attualmente sta colpendo i cinghiali in alcune aree dell’Appennino ligure piemontese. Perciò, per quale meccanismo dovrebbero essere stati lupi ad aver spostato i cinghiali?“.

Il bracconaggio, un problema da risolvere

Un fenomeno che influenza, non solo nelle nostre vallate, in maniera negativa la presenza del lupo è quello del bracconaggio. Gli episodi di predazione – che sono comunque in diminuzione rispetto agli anni precedenti – fanno sì che gli uomini vedano il lupo con rabbia ed astio, considerandolo come una “piaga sociale“. “Il paradosso è che nel Parmense il lupo è un animale che produce meno danni, a livello economico, rispetto ad esempio al cinghiale o ad altri ungulati selvatici. Nella nostra Provincia la presenza di ovini allevati all’aperto è minima e i bovini, che sono in quantità maggiore, sono tutti allevati in strutture chiuse, quindi sostanzialmente protette dagli attacchi del lupo“. Anche nel caso di attacchi ai cani, da caccia e domestici, ci sono da fare alcune puntualizzazioni: “Più del 90% dei lupi che incontra un cane non lo preda. Quando ciò accade – continua Molinari – è perchè i cani si allontanano molti metri dal padrone e vengono ritenuti una preda facile“.

Nonostante ciò molto spesso i giorni gli esperti del WAC s’imbattono in esemplari di lupi uccisi. In circa il 30% dei ritrovamenti la causa della morte è dovuta ad armi da fuoco, veleno o lacci al collo. “Questo – conclude il tecnico faunistico del WAC – dà un’idea del conflitto uomo/lupo. Il lupo è un animale protetto a livello nazionale e europeo però di fatto come numeri è quasi come se fosse cacciato“.

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