La prima fase della guerra per il controllo di Parma, si era conclusa con l’esilio di 24 membri della squadra dei Rossi e 8 dei da Correggio. Ma è importante specificare cosa significhi la parola “squadra” all’interno del contesto storico di cui stiamo trattando, dato che coincide largamente con la vicenda politica della città. La diffusione del binomio guelfi-ghibellini si diffonde nel nord Italia dopo la discesa di Enrico VII nella penisola, tuttavia le parole guelfo e ghibellino, assumono importanza maggiore quando le si accompagnano alla costruzione da parte dei Visconti, di una struttura politica di tipo regionale. La dinastia dei duchi di Milano era dichiaratamente di matrice ghibellina ma, al contrario di chi li aveva preceduti e di chi gli succederà, il loro ideale, non si basava sull’esclusione dei nemici dalla scena politica, al contrario, implicava una partecipazione attiva delle fazioni avversarie alla gestione e alla convivenza dell’autogoverno locale nelle varie città del Ducato, Parma compresa.

Quando parliamo di fazioni però, non intendiamo solo guelfi e ghibellini, nelle città dell’Emilia occidentale in specie, si osserva venir meno questa denominazione in favore di riferimenti corrispondenti ai casati aristocratici più potenti in città e nelle campagne (la squadra dei Rossi, la squadra dei Pallavicino, la squadra dei Sanvitale…). In questo periodo appunto, troviamo le squadre di Parma già formate e robuste, pronte ad assumere il controllo della scena politica Parmense e fungere da tramite tra il governo centrale a Milano e le realtà locali. Il termine “squadra” nasce, per designare questi gruppi e rimanda al senso di seguito armato, di un casato signorile, comandato da un nobile della rispettiva famiglia (Gerardo da Correggio, Oberto Pallavicino, Ugolino Rossi…). Queste squadre, rappresentavano quindi le dinastie più potenti di Parma e sebbene certi avvenimenti, come la Peste Nera del 1346, rimescolassero le carte in tavola, minacciando il benessere di alcune famiglie e favorendone altre, le fazione più grandi e potenti però, rimasero quasi del tutto invariate per più di un secolo.

A Parma nell’epoca di Gian Galeazzo Visconti il casato più in vista era sicuramente quello dei Rossi, che, all’interno del panorama politico e del consiglio cittadino contava più della metà del totale dei partecipanti e pretendeva che la rappresentanza, riflettesse il loro peso numerico, questo infastidiva le altre fazioni Sanvitale, Pallavicino e dei Correggio, che chiedevano una divisione per quattro delle cariche pubbliche. Nel marzo del 1388 i cittadini di squadra rossa si rifiutarono di far parte del consiglio per protesta, Gian Galeazzo scrisse una lettera a Rolando Rossi per indicare altri candidati in sostituzione di chi si era rifiutato. Sollecitato in proposito, Rolando, rispose al Duca che gli “amici” dei Rossi erano più della metà della società politica di Parma e che i membri delle altre squadre, seppur inferiori di numero li soverchiassero nei consigli cittadini, in quanto disponessero dei 3/4 dei voti complessivi, per questo motivo avevano inscenato una sorta di sciopero della rappresentanza.

All’inizio del Quattrocento, poco prima della morte di Gian Galeazzo, la situazione è rimasta invariata, a testimoniarlo, un documento dell’epoca che precisa, come una taglia da 100 fiorini, necessaria al pagamento di 200 lance, fu ripartito tra le quattro squadre secondo un criterio fortemente asimmetrico, 58 alla squadra rossa, 18 alla corregesca, 16 alla sanvitalese e 8 alla pallavicina. Queste cifre danno una prova tangibile del potenziale economico-finanziario delle fazioni parmensi, la netta egemonia rossa fronteggiata dalle squadre rivali, con i correggeschi al secondo posto e i Sanvitale e Pallavicino nella retroguardia sarebbe stata interrotta per pochi ma intensi anni, da Otto Nicolò de Terzi, detto Ottobuono.

© riproduzione riservata