Cinema d'autore in Emilia-Romagna: il parmigiano Bertolucci, l'unico regista Premio Oscar

Con “cinema d’autore” si indicano quei film che rispecchiano la personalità del loro regista: sono quindi film molto personali, curati con una precisione eccezionale, che evidenziano chiaramente lo stile di un autore e che affrontano tematiche esistenziali, anche se calate in un contesto sociale sempre riprodotto attentamente; inoltre, danno meno peso all’intrattenimento, preferendo spingere lo spettatore a riflettere su ciò che vede. Negli anni Cinquanta, dopo il tramonto del neorealismo, in un clima di restaurazione politica emersero o si rinnovarono una serie di registi che rivendicavano un’identità di autori attenti al pieno controllo sul film e che sapevano curarlo nei minimi dettagli, come lo furono ad esempio Fellini e Bertolucci: il loro nome diventava così sinonimo di qualità.

In questa rubrica vogliamo perciò omaggiare alcuni di questi registri nostri corregionali che hanno fatto la storia del cinema italiano e internazionale, e che hanno girato e ambientato diversi film nelle nostre zone. Gli artisti che tratteremo sono in ordine: Bernardo Bertolucci, Federico Fellini, Michelangelo Antonioni e Pier Paolo Pasolini. Partiamo da Bernardo Bertolucci: figlio del celebre poeta Attilio, nasce a Parma il 16 marzo 1941 e fin da ragazzo si interessa al cinema, facendo da assistente al suo vicino di casa, Pier Paolo Pasolini: lavora per lui su alcuni film, ma presto si allontana dalla sua poetica. Preferisce infatti rappresentare nel cinema un linguaggio visivo evocativo e di alto livello estetico, che sia impegnato e ideologico, colto ma popolare, intimo ma sociale: porta quindi in scena le contraddizioni del mondo moderno e la sua fragilità, che ritroviamo in tutta la sua filmografia.

Quando mi chiamano Maestro, vorrei sparire. Sono sempre il ragazzino con la cinepresa, quello della poesia

Diverse sue produzioni hanno poi causato scandalo: primo fra tutti, Ultimo tango a Parigi (1972), di cui abbiamo già parlato qui: basta ricordare che fu censurato, sequestrato e ritirato dal mercato, con Bertolucci accusato e condannato per offesa al comune senso del pudore. In seguito, la pellicola venne riammessa, e ad oggi risulta essere il secondo film italiano più visto di sempre. Similmente Novecento, di cui parleremo a breve, venne sequestrato per oscenità e blasfemia dal Pretore di Salerno, ma fu velocemente assolto e rimesso in circolazione. I suoi successi sono molteplici, ed è con L’ultimo imperatore (1987) che arriva il premio Oscar, rendendo Bertolucci l’unico regista italiano ad aver vinto un Oscar alla regia. Produce poi altre importanti pellicole, restando sempre fedele alle sue tematiche intimiste. Si spegne a Roma dopo una lunga malattia il 26 novembre 2018.

Novecento (1976) è un colossal storico-drammatico: ambientato e girato in Emilia, terra del regista, fu inizialmente pensato come serie televisiva, data anche la durata estesa di 5 ore e 17 minuti. Oltre le 12.000 comparse impiegate, vanta un cast stellare: Robert De Niro è Alfredo (scelto per i suoi lineamenti delicati, anche se la prima proposta venne fatta a Jack Nicholson), Gérard Depardieu è Olmo, e Donald Sutherland si cala nei panni di Attila, anche se in seguito sembra che se ne sia molto pentito, a causa della brutalità del suo personaggio; in seguito all’uscita del film, ci fu un boom di bambini a cui venne dato il nome Olmo.

Novecento: un film sulla cultura popolare delle campagne emiliane

Il dramma percorre cinquant’anni di storia italiana in Emilia, seguendo l’amicizia tra due ragazzi: Alfredo Berlingheri, padrone terriero, e il contadino Olmo Dalcò, dal giorno della loro nascita il 27 gennaio 1901 (data della morte di Giuseppe Verdi) alla fattoria dei Berlingheri fino a 44 anni esatti dopo, il giorno della Liberazione. I due crescono insieme, ma per via dell’influenza famigliare e della società sviluppano personalità e condizioni sociali opposte, sullo sfondo dei conflitti sociali e politici dell’epoca. Nel primo atto li accompagnamo durante la loro vita alla fattoria, tra gli scioperi dei contadini che costringono i padroni alla vergogna di lavorare i campi, la Prima guerra mondiale, in cui molti braccianti muoiono e Olmo prende le armi, mentre Alfredo la evita grazie al denaro, e il fascismo, incarnato nel personaggio di Attila, un fattore perverso, sadico e spietato che arriva alla fattoria Berlingheri.

Nel secondo atto si passa poi alla sfera privata, dove i caratteri dei due “fratelli di latte” diventati uomini si scontrano davvero: Olmo lotta e si ribella al fascismo imperversante, mentre Alfredo è diventato indifferente e codardo, rifiutando la sua richiesta di licenziare Attila, sempre più violento e fuori controllo, e guardando l’amico mentre viene quasi ucciso dai fascisti per un omicidio commesso dallo stesso fattore. Il cambiamento arriva finalmente il giorno della Liberazione: i contadini giustiziano Attila e condannano Alfredo in un processo sommario, ma Olmo risparmia l’amico, sparando in aria e dichiarando così la morte della parte vile e spietata di Alfredo. I braccianti corrono poi in mezzo ai campi sotto la bandiera rossa comunista che avevano tenuto nascosta durante il ventennio fascista, alla fine liberi dall’oppressione.

Quello raccontato da Bertolucci è un film popolare, perché si concentra sul mondo contadino, sui poveri e oppressi braccianti che resistono all’avanzare del tempo e alla violenza che tenta di metterli a tacere, vincendo infine la rivoluzione, preservando le loro radici, cultura e forza, potendole così trasmettere alle generazioni successive. Le campagne di Parma, Cremona, Modena e Mantova, unite alle musiche del Maestro Ennio Morricone, alle ocarine e ai canti popolari, danno vita a un’atmosfera mitica e sospesa nel tempo, che fa da sfondo all’eterna e universale lotta della resistenza e dell’umanità con il male e la violenza, mettendo l’accento sulla ciclicità di questi scontri, destinati a ripetersi e a vedere sempre, anche se con enormi sacrifici, il trionfo degli umili e degli oppressi. Per queste e tante altre ragioni, la pellicola è stata selezionata tra i 100 film italiani da salvare.

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